Sentieri di Celluloide: La Notte

Joe Denti – Narratore della storia del cinema

– Milano nel cinema –

La Notte

Non bisogna lasciare che un film finisca con la fine del film, ma bisogna fare in modo che il film si prolunghi all’esterno di sé stesso, proprio dove siamo noi, dove viviamo noi che siamo i protagonisti di tutte le storie.

(Michelangelo Antonioni)

Michelangelo Antonioni e Monica Vitti

Autore di riferimento del cinema moderno, fin dall’esordio alla regia con: “Cronaca di un amore“, diretto nel 1950, Michelangelo Antonioni si impone tra i maggiori cineasti del dopoguerra, testimone del cambiamento cinematografico. Poeta dei turbamenti dell’animo umano, il suo stile visivo è rimasto il modello fondamentale del cinema psicologico europeo: i silenzi, le lunghe sequenze, l’utilizzo costante del piano sequenza, la valorizzazione metaforica e simbolica dei paesaggi, delle scenografie in interni e degli oggetti. L’ellissi narrative si incarnano nella rappresentazione del vuoto morale dei personaggi, come murati nella loro impassibile incapacità di comunicare, di capire gli altri come se stessi.

“Le esperienze si possono anche leggere: non c’è bisogno di farle tutte di persona”.

(Marcello Mastroianni)

“L’età non ti protegge dall’amore. Ma l’amore fino a un certo punto, ti protegge dall’età”.

(Jeanne Moreau)

Tra il 1960 e il 1962, Michelangelo Antonioni porta sul grande schermo la sua celebre “Trilogia dell’incomunicabilità“, composta dai tre film in bianco e nero: “L’avventura“, “La notte“, “L’eclisse“, considerate a buon diritto le prime opere cinematografiche che affrontano i moderni temi dell’alienazione e del disagio esistenziale. Con il capitolo centrale, interpretato da Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau e Monica Vitti, all’epoca sua compagna nella vita e attrice faro della trilogia, Antonioni ambienta la storia nella Milano del boom economico, concedendo alla città un ruolo fondamentale nella sua continua ricerca sulla crisi della modernità.

“Dicono che il mondo è di chi si alza presto. Non è vero! Il mondo è di chi è felice di alzarsi”.

(Monica Vitti)

Giovanni (Marcello Mastroianni),  scrittore milanese di successo, attraversa un periodo di crisi matrimoniale: ogni possibilità di dialogo con la moglie Lidia (Jeanne Moreau)  sembra perduta. I due, scossi dalla visita ad un amico morente, partecipano alla presentazione del nuovo libro di Giovanni, dove Lidia annoiata, se ne va presto a vagabondare, senza meta, per la città, mentre il marito l’attende a casa. Alla sera, per rompere, la monotonia, accetta un invito ad una festa nella grande villa di un facoltoso industriale. Nonostante il party sia affollato, Lidia rimane chiusa nel suo disagio esistenziale, finendo per accettare le avance di uno sconosciuto, rifiutando un rapporto sessuale. Giovanni invece rimane affascinato da Valentina (Monica Vitti) , la 22enne figlia del padrone di casa.  In seguito ad un temporale che interrompe il ricevimento, i tre si ritrovano insieme nella villa: Lidia che ha visto il marito baciare Valentina, spiega di non provare alcuna gelosia, dato che considera il suo matrimonio finito. All’alba Giovanni e Lidia lasciano Valentina, visibilmente turbata, e, fermatisi nel parco della residenza, si aprono ad un confronto finalmente sincero. Lei, dopo avergli letto una vecchia e struggente lettera, che lui non ricorda nemmeno di aver scritto, ribadisce di non amarlo più, mentre Giovanni cerca inutilmente di riaccendere la fiamma della passione, ormai spenta. I due fanno disperatamente l’amore, mentre la macchina da presa gira loro le spalle.

Michelangelo Antonioni, con una sceneggiatura firmata insieme a Ennio Flaiano e Tonino Guerra, con le musiche composte da Giorgio Caslini, torna a girare a Milano, dopo averla fotografata tristemente malinconica nel suo esordio alla regia in: “Cronaca di un amore“. Il regista ferrarese celebra la metropoli milanese nel pieno fervore del boom economico, durante l’arco di un pomeriggio ed una notte dove lavoro e cultura, turismo e accettazione si mescolano nella frenesia della vita moderna, con una raffinatissima rappresentazione diurna del complesso rapporto tra uomo e architettura e urbanistica, in una Milano modernissima dal volto straniero, quasi alieno. Gli esterni sono stati realizzati tra via Durini, Piazza San Babila e Corso Europa. Monica Vitti, dalle sue interpretazioni drammatiche nella tetralogia dell’incomunicabilità si trasformerà nell’unica “Mattatrice” della commedia all’italiana, Grazie all’invito di Mario Monicelli, che trovò in lei tutte le caratteristiche di attrice brillante, scritturandola nel 1968 in “La ragazza con la pistola“.

Ma questa è un’altra storia…

“A ben Arrivederci”

Joe Denti

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