Manufactures Dior, emanato il decreto di amministrazione giudiziaria: sfruttamento e caporalato

L’indagine dei Carabinieri di Milano ha portato alla luce una situazione allarmante nella Manufactures Dior: ecco tutte le accuse

Su richiesta della Procura, i Carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro di Milano hanno reso esecutivo un decreto di amministrazione giudiziaria, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Milano, per la Dior. Le accuse sono pesanti: produzione esternalizzata, manodopera in nero e sfruttamento dei lavoratori.

Caporalato in Dior
Caporalato in Dior: decisa l’amministrazione giudiziaria (milano.cityrumors.it / ansafoto)

Dior è una delle marche di alta moda più famose al mondo. Oggi è proprietà di Bernard Arnault che, tra l’altro, è a capo anche di Lvmh, il più grande gruppo di lusso esistente al mondo. Una nota dell’Arma rende chiare le accuse che hanno poi portato all’amministrazione giudiziaria per il ramo produttivo italiano, la Manufactures Dior: ecco tutti i dettagli.

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Sfruttamento e condizioni di caporalato

Una prima nota dell’Arma accusa Manufactures Dior di essere stata incapace di “prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo“. Questo è accaduto poiché, sempre secondo l’Arma, non sono state messe in atto delle misure che verificassero le reali condizioni lavorative, quindi le capacità tecniche delle aziende appaltatrici. Tutto ciò ha portato ad agevolare il caporalato, che altro non è se non una forma illegale di reclutamento e organizzazione della manodopera nel lavoro dipendente.

Caporalato in Dior
Caporalato in Dior: decisa l’amministrazione giudiziaria (milano.cityrumors.it / ansafoto)

L’esternalizzazione della produzione

Secondo le indagini, Manufactures Dior ha affidato l’intera produzione di parte delle collezioni di borse e di accessori 2024 a società terze, quindi ha esternalizzato del tutto i processi produttivi. Questo è avvenuto mediante “…una società in house creata ad hoc per la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori“, spiega l’Arma aggiungendo che queste società terze, a loro volta, hanno affidato la produzione ad opifici cinesi.

Tali società, infatti, dispongono solo nominalmente della capacità produttiva necessaria e, per competere sul mercato, altra scelta non hanno se non esternalizzando ulteriormente tutto. Gli opifici cinesi, infine, sono riusciti ad abbattere i costi ricorrendo a manodopera clandestina ed irregolare, in condizioni di sfruttamento.

Grazie a questo meccanismo, Dior avrebbe realizzato una “massimizzazione dei profittiinducendo gli opifici ad abbattere i costi di lavoro mediante la manovalanza irregolare e clandestina, quindi senza osservare le norme di tutela e sicurezza dei dipendenti e non rispettando i contratti collettivi nazionali di settore in merito a orari, ferie e pause.

Le accuse

Durante l’indagine, i Carabinieri hanno controllato quattro opifici, tutti risultati irregolari. “Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento” fa sapere l’Arma, parlando anche di dormitori realizzati abusivamente per far dormire i lavoratori direttamente negli opifici in condizioni igienico-sanitarie inaccettabili.

Cinque titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese sono stati denunciati per caporalato e per altro, mentre altre due persone sono state denunciate per soggiorno in Italia senza i documenti necessari. Inoltre, sono state date ammende per 138mila euro e sanzioni amministrative per 68.500 euro.

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