Bergamo: la maggior parte dei pazienti guariti dal covid ha ancora sintomi

L’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha diffuso i primi dati di un  studio clinico che analizza gli effetti del coronavirus nei pazienti che sono guariti da questa patologia.

Lo studio, che si intitola “Surviving Covid-19 in Bergamo Province” porta la firma di Serena Venturelli, infettivologa e di Marco Rizzi, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale bergamasco oltre ad altri specialisti che includono neurologi, pneumologi, cardiologi e psicologi.

L’ospedale bergamasco, infatti, è stato uno dei primi centri al mondo ad attivare un sistema di monitoraggio per il così detto follow up ovvero la presa in gestione dei guariti una volta dimessi dall’ospedale e che sono stati seguiti sia da un punto di vista medico, sia da un punto di vista psicologico.
Alla prima visita avveniva l’inquadramento delle condizioni cliniche attraverso una serie di esami come il prelievo ematico, l’elettrocardiogramma, la radiografia al torace, la valutazione psicologica e quella riabilitativa. Al secondo accesso il paziente veniva visitato da un infettivologo che valutava l’esito degli accertamenti della prima visita e decideva se era opportuno proseguire con ulteriori accertamenti.

Nel suo complesso, lo studio ha riguardato 1.562 pazienti che si sono ammalati tra febbraio e agosto 2020.
I primi risultati resi noti si riferiscono a un campione di 767 pazienti e fotografano la situazione seguente:
– Le donne sono state 252 con età media di 63 anni;
– Le persone che hanno avuto bisogno dei caschi C-Pap a pressione continua sono state 133 mentre 62 hanno avuto bisogno di ventilazione meccanica/intubazione;
– Il ricovero è durato in media 10 giorni e solo per l’8% dei pazienti la degenza è stata superiore a due mesi;
– Al momento del ricovero le patologie esistenti più frequenti erano: obesità
(22,3%), ipertensione (21,7%), diabete (11,6%) e malattia coronarica (9,5%);

– I pazienti fumatori erano il 27,6%;
– Le complicanze hanno riguardato 253 pazienti (32,9%) durante la fase acuta del ricovero e le più frequenti sono state di tipo psichiatrico o psicologico, cardiaco, polmonare e trombotico;
– Più della metà dei pazienti ovvero 394 ha riferito di avere ancora sintomi al momento della valutazione in primis affaticamento di grado moderato o grave, che ha riguardato 334 pazienti ha interessato principalmente le donne. A seguire la dispnea da sforzo che ha interessato 228 pazienti.
I pazienti che hanno perso autonomia nella gestione del proprio quotidiano sono stati 121.
Si registrano poi 13 persone che non riescono ancora a svolgere le normali attività e lavorare e 186 prendono ancora i farmaci introdotti durante il ricovero, specie gli anticoagulanti.

– Dal punto di vista psicologico, 222 pazienti convivono ancora con sentimenti traumatici mentre altri lamentano difficoltà di concentrazione. I risultati però sono stai giudicati patologici solo in 2 casi;

Infine, tra gli strascichi causati dalla malattia nel 38% dei casi si sono registrati alti livelli di D-dimero, indice di coagulazione nei processi trombotici, e per il 17% con valori raddoppiati.
Un’altra alterazione frequente ha infine riguardato valori elevati degli anticorpi tiroidei con relativo squilibrio dell’ormone prodotto da questa ghiandola.

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