Sentieri di Celluloide: “I pompieri di Viggiù”

Sentieri di Celluloide

Joe Denti – Narratore della storia del cinema

– Milano nel cinema –

I pompieri di Viggiù

Sono un uomo di spettacolo commerciale che ha fatto molte cose nel mondo dello spettacolo, credo di aver fatto anche delle cose interessanti. Non ho mai avuto un riconoscimento, mai un premio, nessuno mi ha mai detto che sono bravo. Noi, noi tutti che facciamo spettacolo, facciamo una cosa molto interessante, perché divagare la gente e soprattutto farla divertire è una specie di servizio sociale. 

(Mario Mattoli)

Mario Mattoli firmò, in 32 anni di carriera, 84 lungometraggi, e molto spesso ne scrisse anche la sceneggiatura, passando in generi diversi, ottenendo il meglio di sé con le commedie, esaltando il talento di Totò, con il quale girò sedici film. La critica lo bersagliò a lungo, nonostante i successi di pubblico, non ricevendo mai premi significativi. Egli stesso si definiva un regista privo di talento e formazione, tuttavia fu capace di realizzare pellicole di cospicui incassi al botteghino, in particolare quelli con Totò, ancora oggi considerati dei classici del cinema italiano.

Io non ho inventato Totò, come non ho inventato mai nessuno, ho lavorato tanto ma non ho mai inventato nessuno. Ho diretto 16 film di Totò. Era un formidabile attore, discendente dalla famosa scuola del teatro dell’arte, come dicono tutti quelli che se ne intendono.

(Mario Mattoli)

Nel 1949, il produttore Dino De Laurentiis, per la Lux Film, ebbe la geniale idea di affidare a Mario Mattoli la regia di: “I pompieri di Viggiù“, diffondendo in tutta la provincia italiana la rivista di varietà, fino a quel momento spettacolo riservato al pubblico delle grandi città, come Torino, Milano, Roma, Napoli e Palermo, dove si esibivano le compagnie teatrali. Il film, ancora oggi è considerato un’autentica miniera di documentazione nella sorprendente antologia di numeri comici e musicali, testimonianza dello splendore delle scene e la spettacolarità delle coreografie. Sceneggiato da Steno e Marcello Marchesi, il film prende il titolo dell’omonima canzone, molto popolare all’epoca e vede protagonisti: Totò, Carlo Campanini, Isa Barzizza, Nino Taranto, Mario Castellani, Ave Ninchi, Dolores Palumbo, Carlo Dapporto, Wanda Osiris e Silvana Pampanini destinata a diventare una delle attrici più amate dagli italiani.

“L’errore dei critici è di voler considerare i Pompieri di Viggiù un film, mentre si tratta di un documento che anticipa in Italia le gioie della televisione”.

(Ennio Flaiano)

A Viggiù, piccolo comune in provincia di Varese, esiste un simpatico gruppo privato di vigili del fuoco che ritengono la canzonetta: “I Pompieri di Viggiù”  negativa per il loro glorioso corpo.  Decidono così di recarsi a Milano per interrompere d’autorità la rivista omonima, inoltre il comandante (Carlo Campanini)  intende convincere sua figlia Fiamma (Silvana Pampanini), che recita nella rivista, ad abbandonare il mondo del teatro e a tornare in famiglia. I vigili del fuoco si spostano ben volentieri, con motivo non dichiarato di poter assistere alla rivista e soprattutto di poter ammirare le belle donne. I vigili del fuoco, entusiasmati dal magico mondo del teatro, rinunciano ai loro propositi e Fiamma continuerà la sua brillante carriera con il consenso del padre.

Mario Mattoli gira l’Italia intera per riprendere gli spettacoli di varietà di maggior successo, montando il tutto in modo da farlo sembrare un unico grande spettacolo, ambientato a Milano, al Teatro Smeraldo, in Piazza XXV Aprile, storico palcoscenico milanese inaugurato nel 1942 e chiuso il primo luglio 2012.

L’indimenticabile sketch del manichino, interpretato da Totò è stato realizzato a Torino durante la rivista: “C’era una volta il mondo“.  Terminato il film, il produttore Dino De Laurentiis ebbe molte difficoltà nel farlo distribuire, ottenendo la proiezione in solo due sale romane di seconda visione, ma l’immediato successo di pubblico costrinse la Lux film alla distribuzione su tutto il territorio nazionale. Nel cast una giovanissima Silvana Pampanini, che divenne il simbolo più rappresentativo della bellezza italiana poco prima che Sofia Loren e Gina Lollobrigida raggiunsero una grande popolarità.

Ma questa è un’altra storia…

“A ben Arrivederci”

Joe Denti

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