Silvia Romano: il suo nuovo impegno di testimonial contro l’islamofobia

Silvia Romanola cooperante italiana rapita in Kenya, tenuta in ostaggio per un anno e mezzo e liberata lo scorso maggio –  sarà la testimonial di un progetto contro l’islamofobia.

Durante i lunghi mesi di prigionia si era convertita all’Islam tanto che oggi, la sua nuova identità è quella di Aisha che in arabo significa “viva”.
Farà dunque parte del progetto europeo “Yes” che vede la partecipazione di altri 7 giovani lombardi, quasi tutti immigrati di seconda generazione. L’attività principale del gruppo sarà la raccolta di segnalazioni su casi di odio per l’islam per poi fornire alle persone che ne sono state vittima supporto psicologico e anche legale.

“Yes” è coordinato Domenico Altomonte che ha esperienze passate con Fondazione Progetto Arca e Albero della vita in qualità di project manager. A proposito del coinvolgimento di Aisha, Altomonte ha commentato: “Silvia si è candidata e abbiamo ritenuto che il suo profilo e anche le sue capacità fossero perfette per entrare nel nostro gruppo di lavoro. L’impegno è quello di partire dai giovani per contrastare l’islamofobia […]con la consapevolezza che la discriminazione può avere una sua tutela legale anche se esiste poco nell’ordinamento”.

Per Aisha si tratta di un ritorno alla professione che esercitava anche in Kenya prima del rapimento ovvero la mediatrice culturale.
Anche sul tema dell’odio verso l’islam ha un’esperienza diretta, suo malgrado, dal momento che dopo il suo rientro con indosso abiti che sottolineavano la sua nuova appartenenza religiosa, è diventata oggetto di odio e persino di minacce di morte sui social.
Tanto che la sezione antiterrorismo della Procura di Milano – la città dove Aisha vive – guidata da Alberto Nobili ha aperto un fascicolo per minacce aggravate.

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