Caso Carlotta Benusiglio, la stilista morta impiccata in Piazza Napoli. Perché per la Procura di Milano il processo è da rifare

La 37enne Carlotta Benusiglio è stata trovata impiccata ad un albero nei giardinetti di Piazza Napoli a Milano. Per la Procura il processo per la morte della stilista è da rifare. Le motivazioni

L’assoluzione di Marco Venturi, ex compagno e convivente della stilista 37enne Carlotta Benusiglio è un errore per i giudici della Procura di Milano. Dietro il gesto estremo della donna, suicidatasi tramite impiccagione con una sciarpa ad un albero dei giardini di Piazza Napoli a Milano si nascondono le condotte vessatorie e ossessive dell’uomo.

Carlotta Benusiglio
Carlotta Benusiglio e il processo ai danni dell’ex compagno (Immagine Rete)

Quest’ultimo ha condotto la sua ex convivente, già instabile dal punto di vista mentale, a suicidarsi attraverso soffocanti condotte ossessive e soprusi, alimentati da anni di provocazioni e di atti di disprezzo nei suoi confronti che hanno, alla fine, dato il colpo definitivo all’equilibrio mentale della 37enne fino al punto da convincersi che l’unica strada per uscirne fosse il suicidio. Ma nonostante tutti gli elementi, la Corte d’assise d’appello di Milano ha assolto Venturi dall’accusa di stalking. La Procura generale non ci sta e fa ricorso in Cassazione.

Marco Venturi avrebbe potuto fermare Carlotta Benusiglio

Dopo l’assoluzione di Marco Venturi, la Procura generale ha fatto ricorso in Cassazione chiedendo di annullare la sentenza per fare un nuovo processo. L’ex compagno della stilista era stato condannato in primo grado, l’8 giugno 2022, alla pena detentiva di 6 anni di carcere in quanto il decesso la morte di Carlotta Benusiglio era stato ritenuto legato agli atti persecutori che l’uomo le avrebbe inflitto durante un rapporto burrascoso.

Carlotta Benusiglio
Carlotta Benusiglio, dal 2016 al processo che ha assolto l’ex compagno (Immagine Rete)

Nelle motivazioni della sentenza, il giudice scrisse che il 46enne Venturi aveva tutti gli elementi a suo carico per immaginare che il 31 maggio del 2016, la 37enne avrebbe potuto commettere qualcosa di grave ma nonostante questo Venturi non fece assolutamente niente per fermare la ex convivente.

In aggiunta ai fatti, dopo l’ultimo litigio avvenuto in strada alle 3.40 della mattina di quel giorno, la stilista avrebbe deciso di impiccarsi con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli. L’uomo avrebbe potuto fermare la donna dal malsano gesto. Dopo anni la Procura aveva deciso per l’omicidio volontario chiedendo per Venturi 30 anni di carcere accusandolo di aver strangolato la Benusiglio e di aver inscenato il suo suicidio.

La stessa Procura aveva avanzato la condanna a 30 anni di carcere per Venturi anche in Corte d’assise d’appelloma l’11 ottobre di questo anno i giudici hanno detto di no non solo alla condanna per omicidio ma anche per il reato di stalking che avrebbe portato la stilista alla morte come estrema conseguenza.

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Il ricorso della Procura: perché il processo è da rifare

Lo scorso ottobre nella sentenza di assoluzione di Marco Venturi i giudici scrivono: “Nessuna mano omicida, la morte di Carlotta Benusiglio è stata, oltre ogni dubbio ragionevole, il tragico portato di un gesto autolesivo”. Con queste parole i giudici smentiscono categoricamente anche quelle “lacune e gravi trascuratezze” che, a detta del primo giudice, erano state rilevate nelle indagini eseguite dalla Polizia.

La Procura generale ora ricorre in Cassazione perché nella sentenza d’appello non sarebbero stati esaminati in modo adeguato e corretto tutti gli elementi che emergevano dalle indagini e dal processo i quali confermerebbero che, Marco Venturi con il suo comportamento e le sue condotte ossessive avrebbe “distrutto la psiche e la vita di Carlotta Benusiglio provocandole un perenne stato di ansia” che su una situazione mentale già compromessa, può essere definito come un “sequestro psicologico”.

Conseguentemente la Procura generale è convinta che i giudici abbiamo commesso un errore di valutazione con il 46enne negando la responsabilità delle azioni di stalking. Venturi era ben consapevole di aver reso Carlotta “succube” essendo diventato il suo incubo vivente. L’uomo, secondo la Procura, avrebbe agito con rabbia nei suoi confronti perché non avrebbe mai accettato la fine del rapporto con la donna. A confermare tali tesi anche le numerose testimonianze, le stesse che, invece, per i giudici della Corte d’assise d’appello non proverebbero nulla. Ma, in conclusione, gli indizi per dire che Venturi, pur non volendo realmente che la ex si suicidasse, non avrebbe fatto nulla per fermarla e, anzi, l’avrebbe inconsapevolmente spinta verso quella fine sono moltissimi.

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