Omicidio Yara Gambirasio, perché la Cassazione respinge gli esami su slip e leggings della 13enne

La Corte di Cassazione, durante l’udienza di ieri, giovedì 15 febbraio ha rigettato la richiesta dei legali di Massimo Bossetti sugli esami approfonditi degli indumenti della 13enne Yara Gambirasio

Si era pronunciata a sfavore anche la Procura generale nell’udienza di ieri. Al rigetto si è aggiunta anche la quinta sezione penale della Cassazione che ha respinto la richiesta avanzata dai legali di Massimo Bossetti ad un esame approfondito dei reperti legati al caso dell’omicidio di Yara Gambirasio.

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Omicidio Yara Gambirasio, il no della Cassazione ai legali di Bossetti sull’esame dei reperti (ansa) milano.cityrumors.it

Quello dei reperti legati alla drammatica morte della 13enne sarà per la difesa di Massimo Bossetti un esame “esterno” e non un’analisi. Ma la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso “straordinario” degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori di Bossetti.

La reazione dura del legale di Bossetti

Dopo il “no” dei giudici della Cassazione, la reazione del legale di Massimo Bossetti, accusato per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, è durissima. L’avvocato Claudio Salvagni, come riporta il Giorno, ha dichiarato a caldo: “Questa è una cosa di una gravità assoluta. Hanno trasformato il bianco in nero come se fosse la cosa più naturale del mondo. Questa è una sentenza folle“.

Le istanze della difesa respinte

Da quando il 26 febbraio del 2011 il corpo senza vita della giovane Yara Gambirasio fu trovato in un campo a Chignolo d’Isola, nel bergamsco, dopo tre mesi dalla morte, avvenuta la sera del 26 novembre del 2010, la macchina giudiziaria si è mossa intorno ai reperti ritrovati.

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Omicidio Yara Gambirasio, il no della Cassazione ai legali di Bossetti sull’esame dei reperti (ansa) milano.cityrumors.it

54 provette con il Dna di “Ignoto 1” rimasto su slip e leggings della 13enne, poi attribuito a Massimo Bossetti dall’esame genetico. La felpa, il giubbotto, i leggings, gli slip, la biancheria e alle scarpe che la vittima indossava quando scomparve. Tanti i reperti  e la scelta da parte della Suprema Corte di decidere se i legali di Bossetti avessero il diritto di analizzare i reperti o se, al contrario l’esame doveva rimanere circoscritto entro i limiti stabiliti, ovvero solo una presa visione da parte della difesa e dei loro consulenti.

Nel corso degli anni sono diverse le istanze della difesa del muratore di Mapello respinte dalla Cassazione. Una vicenda lunghissima che si sposta fra Bergamo e Roma. Il 27 novembre del 2019 la Corte d’Assise di Bergamo autorizza l’esame dei reperti. L’indomani, i legali di Bossetti notificano la decisione alla Procura chiedendo la conservazione dei reperti

Solo pochi giorni dopo, il 2 dicembre di quell’anno, Giovanni Petillo, presidente della prima sezione penale, invia al tribunale di Bergamo un provvedimento in cui viene precisato come l’autorizzazione sia da intendersi come “mera ricognizione dei corpi di reato (…) rimanendo esclusa qualsiasi operazione di prelievo o analisi degli stessi”: dunque nessun esame invasivo, ne si potranno toccare gli indumenti di Yara.

Passa il tempo e arriva il 19 maggio del 2023. La Cassazione accoglie con rinvio a Bergamo il ricorso degli avvocati di Bossetti e annulla l’ordinanza del 21 novembre del 2022 con cui la stessa Corte d’Assise di Bergamo aveva detto “no”. Arriva quindi l’autorizzazione alla difesa e viene consentito l’accesso ai reperti nei limiti della presa visione. Quindi, nuovamente, nessun esame invasivo.

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I due “no” della Cassazione

I rigetti da parte della Corte d’Assise a novembre 2019 e maggio 2022, secondo quanto scritto dai legali di Massimo Bossetti “stravolgono il sistema processuale”. Il 27 novembre del 2019 la Corte d’Assise di Bergamo ha ammesso l’analisi dei reperti da parte della difesa e non solo la loro osservazione.

E la sentenza di maggio della Cassazione ha sottolineato che il provvedimento del novembre 2019 è intangibile e irrevocabile. Quella decisione va rispettata ma la difesa di Bossetti sostiene che: “il pronunciamento della Cassazione incorre in un errore di “lettura” del provvedimento di Bergamo del 2019″. In pratica si attribuisce ad esso un differente contenuto.

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