È lombardo il più antico ceratosauro del mondo, il fossile da oggi al Museo di Storia Naturale

Un enorme dinosauro lungo otto metri, alto tre e pesante una tonnellata si aggira nei pressi di Saltrio, in provincia di Varese, tra spiagge tropicali e foreste lussureggianti, in un clima umido e afoso. Si muove su due zampe, con la coda sollevata e la grande testa di 80 cm protesa in avanti, alla ricerca di prede a cui tendere un agguato: dinosauri erbivori e piccoli animali carnivori da stritolare con mani possenti a quattro dita (di cui tre armate di artigli ricurvi) e azzannare con denti lunghi 5 cm, aguzzi e seghettati come coltelli. La scena si svolge 198 milioni di anni fa, a meno di 80 chilometri da Milano, sulle poche terre emerse nel mare di Tetide, nel periodo Sinemuriano. Questa macchina da guerra in carne e ossa è il più antico ceratosauro del mondo e il primo dinosauro giurassico italiano, l’antenato dei grandi dinosauri predatori che faranno la loro comparsa sulla terra soltanto 25 milioni di anni più tardi. Una creatura scoperta e ricostruita da un team di scienziati tutto italiano, già entrata a pieno titolo nei record della preistoria.

Il “cacciatore” delle Alpi scoperto per caso
Gli eccezionali resti fossili di questo predatore vissuto nel Giurassico Inferiore sono esposti a partire da oggi presso il Museo di Storia Naturale di Milano, affiancati da un banner di otto metri che permetterà ai visitatori di confrontarsi con le dimensioni reali del primo, e per ora unico, dinosauro lombardo di fama mondiale: il Saltriovenator zanellai, venuto alla luce per caso nel 1996 in una cava ultracentenaria da cui in passato sono state estratte pietre per costruire parti di importanti monumenti italiani come il Teatro alla Scala, la Galleria Vittorio Emanuele, Palazzo Reale e la Mole Antonelliana. Il nome scientifico attributo al ceratosauro rappresenta un omaggio al luogo del ritrovamento, alla parola latina venator (cacciatore) per sottolineare l’italianità dell’importante traguardo scientifico, e allo scopritore dei reperti, il geologo Angelo Zanella.

In California per riassemblare i resti
Ci sono voluti molti anni e un lavoro meticoloso per passare dai fossili pietrificati alle teche museali: prima è stato necessario scavare con microscalpelli elettrici tre quintali di roccia, poi le parti sgrossate sono state sciolte in una soluzione di acido formico per un totale di 1800 ore di bagni, da cui sono emersi 132 resti ossei, tra i quali alcuni completi come un dente, l’omero, la caviglia e parti estese di diverse costole. Infine si è passati al lavoro più impegnativo e difficile: ricomporre i frammenti come le tessere di un mosaico, anche con l’aiuto di una stampante 3D, per ricostruire fedelmente l’immagine dell’antico predatore delle Alpi lombarde. “Non tutti i frammenti combaciavano, alcuni erano adiacenti e per questo è stato necessario andare in California e a Washington per confrontare ogni pezzo con scheletri di dinosauri più completi”, racconta Cristiano Dal Sasso del Museo di Storia Naturale di Milano, coordinatore della squadra di scienziati e paleontologi che ha lavorato alla ricomposizione del dinosauro di Saltrio.

Dalla zampa del Saltriovenator alle ali degli uccelli
Attraverso l’analisi dei resti, è stato possibile calcolare le proporzioni corporee e il peso dell’animale. Si è così scoperto che il ceratosauro era un esemplare non ancora adulto (aveva un’età di 24 anni) che avrebbe potuto crescere ulteriormente, superando tutte le teorie sui dinosauri carnivori del Giurassico Inferiore, basate finora sul ritrovamento di resti di piccola taglia. “L’analisi degli anelli presenti nelle ossa mostra che il Saltriovenator era un individuo subadulto ancora in crescita, pertanto la sua taglia stimata è davvero impressionante nel contesto del Giurassico Inferiore”, spiega Simone Maganuco, collaboratore del Museo di Storia Naturale, tra gli autori di una monografia di 78 pagine pubblicata oggi dall’autorevole rivista scientifica PeerJ, secondo cui la scoperta del ceratosauro lombardo getta nuova luce sulle dibattute teorie scientifiche relative al legame evolutivo tra i dinosauri e gli uccelli. Attraverso lo studio delle dita dell’esemplare di Saltrio il team guidato da Dal Sasso ha infatti dimostrato che furono il quarto e il quinto dito a sparire nel corso dell’evoluzione dei teropodi (dinosauri carnivori e bipedi), e furono quindi le prime tre dita a dare origine all’ala degli uccelli, facendo di questi ultimi i discendenti viventi dei dinosauri. “La possente mano a quattro dita di Saltriovenator – spiega il coautore dell’articolo, Andrea Cau, del Museo Geologico Capellini di Bologna – colma un vuoto nell’albero evolutivo dei teropodi: i dinosauri predatori persero progressivamente il mignolo e l’anulare, acquisendo la mano a tre dita che poi negli uccelli diventò ala”.

Il ceratosauro all’ingresso del Museo
Grazie a quest’ultimo straordinario studio, il museo di Storia Naturale di Milano conferma la sua leadership nelle ricerche e nella divulgazione sui dinosauri italiani. Un primato iniziato nel 1993 dopo il clamoroso rinvenimento a Pietraroia, vicino a Benevento, dello Scipionyx samniticus (detto Ciro), il primo dinosauro italiano e l’unico al mondo per l’eccezionale conservazione degli organi interni, proseguito poi con il ritrovamento del Saltriovenator e nel 2009 con la scoperta di orme di antenati dei dinosauri presso il lago d’Iseo, fino alla scoperta di Tito, il primo dinosauro sauropode della penisola, nel 2016.
Per sottolineare questi significativi primati italiani e internazionali, nel corso del 2019 il Comune di Milano farà installare una riproduzione fedele del Saltriovenator zanellai proprio davanti all’ingresso del Museo di Storia Naturale, di cui inevitabilmente diventerà il simbolo scenografico. Un bel modo per festeggiare i 180 anni di storia della prestigiosa istituzione culturale milanese e un regalo straordinario alla città e a tutti gli appassionati delle creature più leggendarie che siano mai esistite sul pianeta terra.

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