Alviero Martini nei guai, commissariata la casa di moda. Borse prodotte in nero da cinesi sfruttati

La maison di alta moda Alviero Martini finisce sotto la lente di ingrandimento della procura di Milano. Il Tribunale accusa l’azienda di caporalato e lavoro in nero

Bussa alla porta della famosa casa di moda Alviero Martini il decreto di amministrazione giudiziaria deciso dal tribunale di Milano sotto richiesta della procura locale. L’azienda è stata ritenuta incapace di prevenire e bloccare lo sfruttamento della manodopera.

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Alviero Martini nei guai con la giustizia. La casa di moda è stata commissariata dal Tribunale di Milano. Accuse di caporalato e lavoro in nero. Milano.cityrumors.it

Secondo quanto si conosce al momento, la maison di moda non avrebbe mai effettuato ispezioni sulla filiera produttiva per valutare l’effettiva condizione dei lavoratori forniti dalle aziende appaltatrici. Al contrario, la società è accusata proprio di aver incentivato, per omesso controllo, quelle stesse aziende appaltatrici.

Cosa emerge dalle indagini

Da una prima e sommaria ricostruzione di quanto avvenuto, l’azienda Alviero Martini affidava l’intera produzione delle borse a terze società che svolgono il lavoro esternamente. Quello che oggi è venuto alla luce, è che quelle stesse aziende appaltatrici non avevano, di per sé, le capacità produttive sufficienti, così a loro volta delegavano la produzione in un sub-appalto non autorizzato a diversi opifici cinesi dislocati tra Milano, Monza e Pavia.

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Alviero Martini nei guai con la giustizia. La casa di moda è stata commissariata dal Tribunale di Milano. Accuse di caporalato e lavoro in nero. Milano.cityrumors.it

Così facendo e attraverso il lavoro irregolare, clandestino, sottopagato e in condizioni di sfruttamento, venivano abbattuti i costi di produzione. Le borse firmate Alviero Martini lasciavano gli opifici cinesi al prezzo di appena 20 euro. Arrivavano alle aziende appaltatrici ufficiali al prezzo di 30 euro. Infine, Alviero Martini pagava quelle stesse borse 50 euro per poi metterle in vendita ad almeno 350 euro nei suoi negozi.

Gli opifici cinesi

Dai controlli effettuati dai carabinieri 8 opifici cinesi sono risultati irregolari. All’interno degli stessi opifici sono stati identificati ben 197 lavoratori, di cui 37 clandestini che lavoravano sfruttati in nero.

Anche le condizioni di lavoro sono risultate pessime con un salario giornaliero sotto la soglia minima consentita, orari di lavoro assurdi e fuori legge e un ambiente di lavoro malsano. Questo senza contare la totale assenza di sicurezza sul posto di lavoro, la mancanza di sorveglianza sanitaria, di formazione e informazione.

Infine, all’interno delle aziende sub-appaltate cinesi sono state anche trovati dormitori abusivi che presentavano condizioni igienico-sanitarie senza precedenti.

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Le denunce

Dalle indagini e i controlli effettuati dagli uomini dell’Arma dei carabinieri, sono 10 le denunce presentate ai titolari degli opifici di origine cinese per caporalato. Sanzioni amministrative pari a oltre 150mila euro e ammende per un totale di 150mila euro. Disposta, invece, per sei aziende la sospensione dell’attività.
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