Studentessa di Milano fu strangolata, chiusa in valigia e gettata nella laguna di Venezia. Arrestati la zia e il fidanzato, ma sono già liberi

L’atroce omicidio è avvenuto nel 2014 quando la studentessa iraniana Mahtab Ahadsavoji è stata strangolata in casa dalla zia e chiusa in una valigia. Ad occuparsi dell’occultamento del cadavere il compagno dell’assassina. Ora entrambi i killer sono liberi

Mentre l’attivista e regista iraniana Mojgan Ilanlou, zia della studentessa dell‘Accademia di Brera è stata arrestata, condannata a nove anni e nove mesi di reclusione per aver sfidato il regime, tra i leader dei movimenti per i diritti delle donne, l’altra zia della studentessa 29enne che, invece ha massacrato la nipote, è libera.

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Studentessa milano strangolata dalla zia iraniana con il fidanzato. I killer sono in libertà (ansa) milano.cityrumors.it

La 40enne condannata per l’omicidio a Milano dopo aver scontato la pena nel carcere di Bollate è tornata in libertà, ha trovato un lavoro ed è rimasta in Italia. Mentre il suo complice, l’allora fidanzato che nel gennaio del 2014 aiutò la donna ad occultare il cadavere della 29enne e per questo condannato, da anni è tornato in India rifacendosi una vita.

Il delitto

Sono trascorsi dieci anni dall’orrendo omicidio avvenuto alle prime ore del mattino del 27 gennaio 2014, nell’appartamento in via Pericle 5 a Milano dove la studentessa 29enne Mahtab, arrivata in Italia per studiare all’Accademia di Brera, abitava con la zia e il fidanzato di questa e altri stranieri.

Studentessa milano strangolata dalla zia iraniana con il fidanzato. I killer sono in libertà (ansa) milano.cityrumors.it

Proprio in quella casa fu strangolata dalla zia con una collana d’oro. Il corpo della giovane fu poi chiuso in una valigia, e trasportato fino alla laguna di Venezia dal fidanzato della 40enne e gettato in mare. Il cadavere fu rinvenuto il giorno seguente il delitto. A indagare e risolvere il caso furono gli agenti della Squadra mobile, che portarono all’arresto i fidanzati indiani Gagandeep Kaur Rajeshewar Singh, accusati inizialmente di omicidio e occultamento di cadavere.

Successivamente le sentenze riportano però un’altra storia che inizia nel 2015, al termine processo di primo grado con rito abbreviato quando il gup di Milano Simone Luerti condannò la donna a 17 anni di reclusione per l’omicidio assolvendo invece Singh, ritenuto responsabile solo per l’occultamento del cadavere. Secondo il giudice, la zia della vittima: “aveva un movente forte, quello della gelosia, mentre l’uomo non possiede nessun movente”. Inoltre, le analisi medico-legali avrebbero anche dimostrato che ad agire potrebbe essere stata solo una persona in un lasso di tempo brevissimo.

Il colpo di scena

Singh, compagno della donna, quella notte non si sarebbe accorto di nulla perché stava dormendo, ma il punto è che “l’occultamento di cadavere è stato posto in essere da entrambi gli imputati”, poiché dopo l’arresto avevano dato versioni discordanti. Il legale di Singh, l’avvocato Manuel Sarno, come riporta il Giorno, riferì: “Ci siamo trovati di fronte a un giudice che non si è fermato di fronte alle apparenze e ha approfondito la prova scientifica più tradizionale, cioè la medicina legale, accogliendo la nostra tesi”.

Improvvisamente arriva il colpo di scena quando la 40enne Kaur ammise e confessò di aver fatto tutto da sola e ottenne così una riduzione della pena nel processo d’appello: passando da 17 a 10 anni di reclusione. Condanna ridotta a 8 mesi di carcere anche per il fidanzato  accusato solo di occultamento del cadavere. Così si è conclusa la storia giudiziaria poiché entrambi gli imputati hanno accettato il verdetto rinunciando alla Cassazione.

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La libertà

Intanto il complice Singh, espulso dall’Italia, è ritornato nel suo Paese di origine, l’India, rifacendosi la sua vita. Kaur ha trascorso gli ultimi anni nel carcere di Bollate a Milano. Recentemente la donna ha finito di scontare la sua pena, tornando in libertà.

L’avvocato Nunzia Milite, difensore della killer, ha dichiarato: “Grazie alle attività lavorative svolte in carcere ora la mia cliente ha un impiego stabile e una vita autonoma. Ha deciso di rimanere in Italia e di lasciarsi alle spalle il passato, nel suo caso il carcere ha svolto un’attività positiva di reinserimento sociale. La vicenda giudiziaria è chiusa, ma nonostante questo restano dubbi su come siano andate realmente le cose quella notte”.

Nel frattempo la zia di Mahtab, l’attivista Mojgan Ilanlou, che all’epoca del delitto arrivò in Italia per il riconoscimento del cadavere della nipote alla quale era molto legata, sta pagando a duro prezzo il suo impegno civile con il movimento Woman Life Freedom, sorto a seguito del caso Mahsa Amini, la donna arrestata a causa della violazione della legge sull’obbligo del velo e deceduta nel 2022.

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