L’infermiere licenziato per aver denunciato la situazione in una Rsa è stato reintegrato

Il Tribunale di Milano ha dichiarato nullo il licenziamento dell’infermiere dell’Istituto Palazzolo che aveva denunciato la situazione sanitaria al suo interno lo scorso marzo.

Il giudice del tribunale del lavoro Camilla Stefanizzi ha definito il gesto del 25enne originario del Mali Cheickna Hamala Diop “non solo un diritto, ma anche un dovere civico”.
Diop era alle dipendenze della cooperativa che forniva il personale alla casa di riposo, che fa parte della Fondazione Don Gnocchi, ed era stato tra i 18 firmatari di una denuncia depositata in Procura che aveva dato avvio a un’indagine per epidemia colposa. Le vittime nella struttura erano state 140 e come Diop aveva spiegato a giornali e tv, il personale sanitario veniva fatto lavorare sprovvisto di mascherine. A seguito di questa azione, quindi, tutti i firmatari erano stati o trasferiti o licenziati.

Di fatto, il comportamento di Diop è stato ritenuto adeguato facendo così configurare il licenziamento come un atto di ritorsione. Nella sentenza infatti si legge: “Agli esordi di un’epidemia con effetti subito manifestatisi di enorme gravità le informazioni su quanto stava accadendo all’interno della Fondazione avrebbero potuto conseguire il risultato concreto di mettere in salvo delle vite umane, consentendo l’adozione delle necessarie contromisure, sia da parte dei parenti che avrebbero potuto considerare anche l’opportunità di trasferire immediatamente i loro congiunti qualora non avessero condiviso o ritenuto sufficienti a proteggere la salute dei loro cari le prassi ivi poste in essere, sia da parte della Fondazione, che avrebbe potuto essere indotta a rivederle e a modificare con maggior tempestività la propria condotta per scongiurare l’impressionante numero di decessi che di fatto si sono verificati nell’arco di pochissimo tempo”.

Il giudice ha poi osservato che la denuncia presentata dall’infermiere non presentava note di minaccia e condanna verso la struttura per la quale lavorava limitandosi a riportare i fatti e a osservare comportamenti che potevano rappresentare un pericolo per gli ospiti, gli operatori sanitari e le famiglie.
La cooperativa è stata quindi condannata a corrispondere all’infermiere tutte le mensilità maturate dalla data del licenziamento a quella del reintegro.

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