Frenate in metropolitana: 3 indagati e la spiegazione del fenomeno

L’indagine avviata dalla Procura di Milano sulle brusche frenate della metropolitana linea rossa M1 e verde M2, avvenute nel 2019, si è conclusa con l’iscrizione nel registro degli indagati di 3 persone, tutte appartenenti a società appaltatrici di Atm, per il reato di lesioni colpose aggravate.

Nello specifico, si tratta di Michele Viale, presidente di Alstom Ferroviaria S.p.A., produttore del sistema di segnalamento e controllo della marcia dei treni in uso sulla M1, e di Andrea Rossi e Carlalberto Guglielminotti, presidente e amministratore delegato di Engie Eps, subfornitore del produttore Tattile srl che forniva i captatori di bordo sulle motrici della linea M2.

Secondo il pm titolare dell’inchiesta, Maura Ripamonti : “nessuna delle frenature indebite, né per numero né per gravità di feriti, può essere qualificata come disastro ferroviario nei termini di legge” riferendosi al fatto che nei circa 300 episodi esaminati nessun passeggero della metropolitana abbia mai rischiato la vita nonostante molti siano rimasti contusi e tre di loro abbiano riportato fratture.

L’indagine ha preso avvio proprio dalla denuncia di 4 passeggeri e ha permesso di ricostruire, grazie a numerose perizie tecniche, il motivo degli incidenti. Tutti i treni della metropolitana viaggiano rispettando una distanza di sicurezza prestabilita per evitare incidenti. Il suo monitoraggio dipende da due strumenti montati rispettivamente a bordo treno e lungo le rotaie. Nel caso della linea 1 questi due sistemi hanno smesso di comunicare così che la vettura andava in blocco, frenando bruscamente, quando non ce ne era motivo.
L’inchiesta ha quindi accertato che questo difetto di funzionamento era stato segnalato più volte da Atm al fornitore Alstom, la prima volta nel 2011 e poi ancora nel 2017 e nel 2018.

Per quanto riguarda linea 2, la perizia ha rilevato che la frenata indebita dipendeva da anomalie presenti nel sistema di segnalamento/captatore di terra. In questo caso, la scheda elettronica presente dentro questi dispositivi, andava in corto circuito inviando il segnale di arresto treno della metropolitana. Le viti che fissavano la scheda toccavano di continuo il corpo del captatore stesso ricevendo le scariche che le mandavano in tilt.

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