La giornata nazionale contro la Didattica a distanza

Nella giornata di ieri è andata in scena la prima giornata nazionale contro la Dad – la didattica a distanza – con presidi in ben 34 città italiane.

Le persone radunate in piazza Duomo hanno suonato decine di campanelle, a Roma si è riempita Piazza del Popolo, a Trieste decine di zaini hanno invaso piazza Unità d’Italia.

Sono tornati così a far sentire la loro voce i diretti interessati, gli studenti con diversi movimenti spontanei sorti nel 2020, ma anche insegnanti, genitori e associazioni.
Al centro delle contestazioni le ricadute psicologiche della didattica a distanza così come la mancanza di socialità legata ai tanti lockdown che si sono susseguiti nel tempo.
Ma anche il tema della dispersione scolastica dovuta a diversi fattori come il mancato accesso alla tecnologia necessaria – specie al Centro-Sud – i limiti della tecnologia stessa e le difficoltà economiche di tante famiglie.

I ragazzi temono, infatti, che la didattica a distanza resti anche dopo l’8 aprile, data indicata per il ritorno sui banchi di quelle regioni che avranno la situazione dei contagi favorevole. Un altro timore è legato al fatto che questa modalità si imponga come prevalente.

Da più parti, infine, si fa notare che il rischio del contagio non è interno agli istituti, laddove può esserci il controllo, ma esterno ovvero finite le lezioni e nel tragitto sui mezzi di trasporto.

Interpellato in proposito, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha assicurato: “Abbiamo chiuso solo perché la variante inglese ha messo in pericolo i più piccoli. Ma la scuola non si è mai fermata. E stiamo già lavorando perché il prossimo sia un anno costituente che riporti la scuola al centro del Paese”. La scuola che verrà, secondo il Ministro, insegnerà a capire il mondo e capire il valore dell’affetto verso gli altri.
Riferendosi poi agli esami di fine ciclo scolastico, sia quello di terza media, sia quello di maturità, si svolgeranno in presenza.

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