Caso Genovese: tecnici tentano di vendere i filmati dello stupro

Due tecnici incaricati dalla difesa di Alberto Genovese di lavorare sulle stesse sequenze video che hanno dato avvio all’indagine per stupro e violenza sono ora indagati.

Dopo aver effettuato il lavoro richiesto, infatti, hanno tentato di vendere il materiale ad alcune emittenti televisive con la speranza di lucrarci sopra. In un caso arrivando a chiedere anche 30mila euro. Peccato che, di fronte a materiali tanto crudi nella loro violenza, quelle stesse emittenti abbiano denunciato i due. Cosa che hanno fatto anche gli stessi legali di Genovese.
Ecco allora che si è aperto un altro filone di indagine da parte delle due titolari dell’inchiesta principale, l’aggiunto Letizia Mannella e il pm Rosaria Stagnaro.

In questo filone si inserisce anche la seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere per Genovese. Si riferisce a un episodio simile avvenuto nell’isola di Ibiza dopo una festa a base di alcool e droga. In quel caso era presente anche la fidanzata di Genovese.
I fatti, in questo caso, sono precedenti a quelli per i quali l’uomo è stato arrestato lo scorso ottobre. Invece, sono ancora al vaglio degli inquirenti altre denunce di violenza arrivate dopo l’arresto.

Un secondo filone di indagine riguarda gli accertamenti fiscali sulla situazione patrimoniale di Genovese.
Il terzo fronte di indagine riguarda il giro di droga, elemento clou delle feste di Genovese che fossero in Italia o all’estero.
Nel suo ultimo interrogatorio, infatti, l’ex imprenditore avrebbe fatto i nomi di tali “Sam” e “Leo”, descritti come suoi “rifornitori” di sostanze stupefacenti.

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