Coronavirus: come è cambiato per sfuggire alle difese immunitarie

Uno studio italiano ha esaminato le mutazioni del coronavirus per valutare come cerca di oltrepassare le difese del nostro sistema immunitario.
La conclusione è che una mutazione è in atto, in alcune parti del virus, ma il fenomeno non è così grave da inficiare l’uso di un vaccino nel quale tutto il mondo spera in questo momento.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Molecular Ecology è stato condotto dal Laboratorio di Biologia computazionale dell’Irccs Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco), in collaborazione con Mario Clerici dell’università Statale di Milano e Fondazione Don Gnocchi.
Sono finiti sotto esame oltre 15mila sequenze di coronavirus isolate in varie regioni del mondo durante i primi 6 mesi di pandemia.

Quando il virus attacca il nostro organismo, il sistema immunitario genera due tipi di risposte: da parte delle cellule tramite i linfociti T e da parte degli anticorpi. I virus, quindi, mutano per cercare di eludere questa doppia sorveglianza. Gli scienziati hanno quindi cercato di prevedere le regioni delle proteine virali riconosciute dal sistema immunitario, i cosiddetti epitopi.

Quindi li hanno messi in rapporto con i linfociti e gli anticorpi per vedere se e dove si verificavano mutazioni. Il risultato è stato molto preciso: le regioni di coronavirus riconosciute dagli anticorpi sono particolarmente variabili. Ecco dunque che il virus è mutato nel tempo rispetto all’inizio della pandemia.

La risposta ai linfociti T, per contro, è pressoché nulla e questo avviene anche nel caso dei virus responsabili del comune raffreddore.
Questo aspetto ha indotto gli studiosi a pensare che il virus possa modulare la risposta immunitaria dell’ospite a suo vantaggio, e cerchi così di indurre tolleranza da parte delle cellule T.

“Questi dati – hanno concluso gli scienziati – chiaramente indicano che sarà fondamentale monitorare nel corso del tempo la variabilità genomica di Sars-CoV-2, per essere pronti a identificare la comparsa di nuove mutazioni che possano consentire al virus di eludere la risposta anticorpale, naturale o determinata da un eventuale vaccino.
Al momento, non sussistono elementi di preoccupazione in quanto la grande maggioranza delle varianti presenti nelle regioni riconosciute da anticorpi è rara”.

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