Giornata mondiale contro la violenza sulle donne 2020

Oggi, 25 novembre, è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1960 in ricordo delle sorelle Mirabal. Originarie della Repubblica Dominicana, si erano battute per contrastare il regime del dittatore Trujillo. Per questo furono sequestrate da agenti del Servizio di informazione militare e poi stuprate, torturate e uccise.

Da allora, la violenza contro le donne è rimasta una costante, figlia di quella cultura patriarcale in cui l’uomo pensa di poter disporre di un’altra persona come se si trattasse di un oggetto inanimato fino a piegarla al proprio volere con l’uso della violenza. Fino alle estreme conseguenze.

L’omicidio non è più l’unica forma di violenza. Il fenomeno ha assunto negli anni risvolti più subdoli lasciando spazio anche alle violenze psicologiche, alla persecuzione in forma di stalking fino ad arrivare, complici anche i social network, al revenge porn, quella forma di umiliazione che consiste nel diffondere immagini intime e private delle donne.
A complicare questo quadro già di per sé tragico c’è il fatto che la violenza non è qualcosa di esterno o improvviso ma qualcosa che arriva dalla sfera di quelle relazioni che dovrebbero offrire fiducia e tutela ovvero da mariti e fidanzati, spesso perfino dagli ex.

Qualche dato
Il rapporto Onu “Global Study on Homicide 2019” riferisce che, nel mondo, si verificano mediamente circa 140 femminicidi ogni giorno, uno ogni 10 minuti.
Secondo i dati della Polizia Criminale, nel nostro Paese il numero di assassinii volontari nei primi sei mesi del 2020 è sceso a 131, contro i 161 dello scorso anno, ma il numero delle donne uccise è salito da 56 a 59.
La Questura di Milano, in particolare, ha registrato nella sola provincia 305 violenze sessuali nel periodo gennaio-settembre 2020, rispetto alle 296 dello stesso periodo nel 2019.
Risultano in calo, invece, i maltrattamenti contro familiari o conviventi (874 rispetto a 946) e in generale gli atti persecutori (486 contro 590). Diminuiscono anche gli omicidi in ambito familiare o affettivo con vittime donne: erano stati cinque da gennaio a settembre 2019, due quest’anno.

Cosa si sta facendo

I centri antiviolenza: Sono strutture distribuite sul territorio nazionale, che spesso mettono a disposizione anche delle Case Rifugio.
Rappresentano il primo presidio per fornire aiuto e assistenza gratuiti in caso di violenza domestica attraverso servizi di ascolto e accoglienza, orientamento e accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale (96,5%), supporto legale (93,8%), supporto e consulenza psicologica (92,2%), sostegno all’autonomia (87,5%), percorso di allontanamento (84,0%) e orientamento lavorativo (80,5%).

L’agenzia Di.Re., Donne in Rete contro la violenza, ha reso noti i dati dell’indagine per l’anno 2019 condotta su 93 dei suoi 103 Centri Antiviolenza. Oltre la metà (56%) ha almeno una struttura di ospitalità. Circa il 91%, oltre ad accoglienza e consulenza legale, offre supporto psicologico e percorsi di orientamento al lavoro. Il 56% sostiene le donne con gruppi di auto-aiuto (65%) e consulenza genitoriale (58%). Quasi l’80% è in grado di offrire consulenza alle donne immigrate non in regola.
Settantuno centri su 93 hanno la possibilità di beneficiare di finanziamenti pubblici regionali, il 61% comunali e il 40% provenienti dal Dpo. I finanziamenti privati costituiscono una fonte per 62 centri.
Nel 2019 sono state accolte complessivamente 20.432 donne con un incremento di 717 unità rispetto al 2018. Si tratta quasi sempre di donne italiane, le straniere sono il 26,5%. Il 48,5% ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, il 33,8% è a reddito zero e il 36% può contare su un reddito sicuro.
La violenza subìta più frequente è quella psicologica nel 79,5% dei casi seguita da quella fisica (60%), economica (35%), sessuale (15,3%) e stalking (14,7%). L’autore è nel 79% dei casi italiano, nel 46% ha tra i 30 e i 59 anni e nel 40% ha un lavoro stabile. Quasi sempre si tratta del partner (55% dei casi) o ex partner (quasi il 20%).

I dati della Fondazione Somaschi onlus, uno dei principali enti del Terzo Settore che compongono la rete antiviolenza di Milano e dell’hinterland e che gestisce 11 presidi, non sono molto diversi.
Il numero di donne messe in protezione, ossia accolte negli alloggi della onlus, ha già quasi raggiunto quello registrato nell’intero 2019: 27 donne da gennaio alla prima metà di novembre contro le 29 accolte in tutto il 2019. Di queste, 23 hanno figli, per un totale di 33 minori.
Prima di arrivare a questa fase, però c’è la richiesta di aiuto che nel 2020 ha visto arrivare al centro 491 donne contro le 550 dell’intero 2019.
Sei su dieci avevano figli minori ed erano italiane. Il 32% aveva un’età compresa tra i 35 e i 44 anni. Denunciavano in primis violenza psicologica nell’82% dei casi, fisica nel 65%. A seguire quella economica (16 %), sessuale (12%) e lo stalking (8,7 %). Gli autori dei maltrattamenti e delle violenze erano i mariti sei volt e su dieci e i conviventi due volte su dieci.

Il numero verde: La pandemia e il lockdown imposto a livello nazionale tra marzo e aprile hanno “congelato” il problema peggiorando la situazione già difficile di chi è vittima di violenza domestica. Una situazione che, a partire dal mese di maggio, con il graduale ritorno alla mobilità ha fatto aumentare del 120% le chiamate al numero verde anti-violenza e stalking 1522 che offre supporto alle vittime. La chat è stata la forma di contatto usata 5 volte di più rispetto alla media, mentre la linea telefonica 2 volte di più.
Il 96% delle vittime era una donna e il 77% dei casi dichiarava che la violenza si era svolta in casa.

Il Codice rosso: si tratta della legge 69/2019 che prevede una corsia preferenziale per le denunce per violenza di genere. Tra agosto 2019 e luglio 2020, secondo i dati del Ministero della Giustizia, per i quattro nuovi reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento, costrizione o induzione al matrimonio, deformazione dell’aspetto e revenge porn, sono state aperte 3.932 indagini.
Per quelle concluse, in 686 casi c’è la richiesta di rinvio a giudizio. Sono inoltre 90 i processi che si sono già conclusi e sono già state inflitte 80 condanne.
Fra agosto 2019 e luglio 2020 si è registrato un incremento del numero dei procedimenti iscritti per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi cresciuto dell’11%). È emersa una diminuzione per la violenza sessuale con -4%, la corruzione di minorenne con  -10%, la violenza sessuale di gruppo con -17%, e lo stalking -4%.
Sono risultati incoraggianti ma non tengono conto del fatto che spesso le donne faticano a rivolgersi alle forze dell’ordine per paura di ritorsioni ulteriori, perché convinte in qualche modo di meritarsi quello che subiscono, per paura di non essere credute o perché non si sentono abbastanza tutelate dalla legge.

Gli autori delle violenze: Da poco, e in via spesso sperimentale, alla punizione inflitta dalla legge agli artefici di violenze e maltrattamenti si inizia ad associare un percorso di rieducazione.
La recidiva, infatti, riguarda ben l’85% degli uomini.
La Fondazione Somaschi di Milano, per esempio, ha lanciato proprio per questo il programma “Nonpiùviolenti”.
Partito nel 2018, si tratta di un percorso guidato da uno psichiatra e uno psicoterapeuta con incontri di gruppo a cadenza bisettimanale.
Le persone coinvolte sono al momento 32, di età compresa tra 18 e 70 anni, in maggioranza italiani.
I risultati sembrano incoraggianti. Finora si è registrato un solo caso di recidiva.

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