Da una proteina, una speranza contro la Sla

Test sugli animali hanno messo in luce l’esistenza di una proteina in grado di frenare la progressione della Sla – la sclerosi laterale amiotrofica.

È quanto emerge dallo studio portato avanti dal Laboratorio di Neurobiologia molecolare dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs e pubblicato online su EBioMedicine.

La proteina si chiama Cxcl13, fa parte della famiglia delle chemochine ed è attivata dai neuroni che comandano i movimenti muscolari volontari, i così detti motoneuroni. Cxcl13 è di solito coinvolta nell’organizzazione degli organi linfoidi dove maturano le cellule immunitarie ed è associata alla neuroinfiammazione che fa capo a diverse malattie neurodegenerative, tra cui la Sla.

Nei topi affetti dalla malattia, questa proteina era presente in misura notevole. I ricercatori hanno quindi constatato che neutralizzare la chemochina portava a uno sviluppo più rapido della malattia mentre la presenza di Cxcl13 aveva un effetto benefico nel rallentare la progressione della malattia.

“L’aspetto rilevante – ha affermato Maria Chiara Trolese, co-investigatore e primo autore del lavoro – è che durante la malattia i motoneuroni esprimono alti livelli di questa chemochina, sia a livello centrale sia periferico. La specifica soppressione di Cxcl13 ha quindi privato le cellule di un processo di protezione precedentemente ignoto. Infatti abbiamo osservato che il silenziamento di Cxcl13 induce una perdita di motoneuroni e un incremento dell’infiammazione, mentre la sua somministrazione preserva i motoneuroni dalla degenerazione”.

La scoperta, inoltre, presenta un risvolto interessante anche per quanto riguarda la diagnosi: “I livelli ridotti di Cxcl13 nel liquido cerebrospinale dei pazienti di Sla – ha commentato Caterina Bendotti, capo del laboratorio di Neurobiologia molecolare – potrebbero essere un indice della degenerazione dei motoneuroni, mettendo in luce questa chemochina come marcatore clinico per la discriminazione precoce della malattia rispetto a disturbi neurologici con elevata componente infiammatoria […]”.

Gli studi proseguiranno quindi seguendo un duplice binario:
– avvalorare Cxcl13 come biomarcatore nella pratica clinica perchè la diagnosi precoce rimane il modo migliore di trattare la malattia;
– condurre un’analisi più estesa dei processi alla base dell’attivazione motoneuronale di Cxcl13 nella Sla per definire i meccanismi implicati nell’inibizione dell’infiammazione nel sistema nervoso centrale.

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