Militare aggredito nel 2019, chiesti 14 di anni di reclusione per l’accusato

Il Tribunale di Milano, nella persona del pm Enrico Pavone ha chiesto una condanna a 14 anni e 3 mesi per Mahamad Fathe, l’uomo di origine yemenita che aggredì con una forbice il caporale Matteo Toia il 17 settembre del 2019.
Alcuni testimoni riferirono che l’uomo aveva urlato “Allah akbar”, un’invocazione tornata tristemente agli onori delle cronache dopo i recenti attentati di matrice terroristica a Nizza e a Vienna.

L’uomo era un senza fissa dimora che gravitava dalle parti della Stazione Centrale ed era stato segnalato dalla Germania come simpatizzante dell’estremismo islamico.
Per questo motivo, dopo l’arresto e la carcerazione con l’accusa di tentato omicidio, il pool antiterrorismo coordinato da Alberto Nobili aveva aperto anche un filone di inchiesta per documentare eventuali complicità con altri gruppi terroristici, un aspetto che alla fine era emerso.
Si era dunque trattato di un gesto isolato ma questo non aveva impedito di aggiungere le finalità terroristiche al capo di imputazione esistente.

In fase di interrogatorio, era poi emerso che l’uomo stava pianificando un gesto contro i militari di stanza alla Stazione Centrale per l’operazione strade sicure da almeno 3 giorni e che era sua intenzione rimanere ucciso da martire. Motivi che avevano indotto il giudice a valutare plausibile sia il pericolo di reiterazione del reato sia quello di fuga e inquinamento delle prove tanto che già nel 2019 gli era stata negata la scarcerazione.
La perizia psichiatrica alla quale era stato sottoposto, aveva stabilito che al momento del gesto l’uomo era in grado di intendere e di volere benché vivesse in un quadro generale di disadattamento e alienazione.

“[…] Una persona – ha argomentato il pm – che prende una forbice e attacca un militare a caso, gridando più volte ‘Allah akbar’, vuole colpire lo Stato italiano attraverso in questo caso il tentato omicidio di un appartenente alle forze dell’ordine, la sua condotta punta a spaventare lo Stato perché nessuno deve essere al sicuro, in questa logica […]”.

La sentenza è attesa per il prossimo 12 novembre, quando si esprimerà anche la difesa dell’imputato.

Impostazioni privacy