Il coronavirus fa saltare la prima della Scala

Non c’è pace per il Teatro alla Scala e, per la prima volta, neppure per la prima del 7 dicembre, data che ha sempre celebrato la festa del patrono meneghino e l’inaugurazione della stagione lirica.

Vista la situazione dei contagi e l’imminenza di ulteriori restrizioni, il teatro non è in grado di effettuare le prove previste alla messa in scena della Lucia di Lamermoor di Donizetti prevista per la giornata di Sant’Ambrogio.
Non solo sarebbe difficoltoso per gli orchestrali raggiungere Milano per le prove ma nell’opera ha un ruolo importante anche il coro ed è proprio in questo comparto che si è registrato il maggior numero di positivi al virus e di elementi obbligati alla quarantena.
Dai tamponi ai quali sono stati sottoposti tutti i circa 1.000 dipendenti del teatro, i comparti con meno casi sono risultati l’orchestra e il balletto.

Tra le ipotesi che circolano sul da farsi c’è anche chi ha ipotizzato una trasmissione in streaming dell’opera.
La decisione definitiva, tuttavia, si avrà all’indomani di un incontro tra la dirigenza del teatro alla e i lavoratori per approntare un eventuale piano B ovvero un programma totalmente diverso pur mantenendo l’alta qualità delle proposte scaligere. Sembra essere questa l’idea del sovrintendente Dominique Meyer.

Con ragionevole attendibilità, l’unico momento in cui il teatro non fu operativo furono gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Nel corso dell’estate del 1943, infatti, il teatro fu bombardato più volte.
Il peggiore si verificò nella notte tra il 15 e il 16 agosto quando una bomba incendiaria esplose sul tetto provocando gravi danni alla sala con il crollo del soffitto, la distruzione dei palchi del sesto e quinto ordine di galleria e gravi danni alle strutture di servizio. Solo il palcoscenico fu risparmiato solo perché era stato calato il sipario metallico a mò di protezione.
Si decise, allora, di ricotruire il teatro “com’era e dov’era” e l’inaugurazione avvenne l’11 maggio del 1946 alle ore 21:00 quando sul podio tornò per l’occasione dagli Stati Uniti il maestro Arturo Toscanini  che era stato direttore artistico negli anni ’20,

Un giornalista dell’epoca scrisse: “Quella sera [Toscanini] non dirigeva soltanto per i tremila che avevano potuto pagarsi un posto in teatro: dirigeva anche per tutta la folla che occupava in quel momento le piazze vicine, davanti alle batterie degli altoparlanti”.

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