Il piccolo teschio ritrovato nel bresciano appartiene alla bambina scomparsa nel 2018

Il piccolo teschio trovato per caso da un cacciatore nei boschi di Serle, in provincia di Brescia appartiene a Iuschra Gazi.

La conferma definitiva a quella che era più di un’ipotesi è arrivata dal test del DNA condotto dagli Spedali Civili su incarico della Procura che hanno prelevato un campione per la perizia dai genitori e lo hanno incrociato con quello del ritrovamento.
“Sono sotto choc. Ora so che a Iuschra è davvero morta”, è stato il primo commento del padre che in questi due anni non aveva mai perso la speranza di rivedere viva sua figlia anche se, di fronte al mistero di una scomparsa senza traccia, aveva detto: “[…] Cosa è successo quel giorno ancora non l’ho capito”.

La scomparsa della bambina 12enne di origine bengalese e affetta da autismo risaliva al luglio del 2018 mentre si trovava in questi luoghi in gita accompagnata dalla Fobap, la Fondazione bresciana che assiste le persone con disabilità psichica. L’operatrice che avrebbe dovuto sorvegliare la bambina che gli era stata affidata, aveva raccontato che, a un certo punto, Iushra si era messa a correre addentrandosi nel bosco.
Le ricerche erano partite subito sia via terra con l’ausilio dei cani molecolari, sia per via aerea impiegando i droni. La bambina sembrava svanita nel nulla nonostante i volontari avessero battuto il bosco palmo a palmo per diversi giorni.
La zona del bosco dove poi era stato ritrovato il teschio, probabilmente trasportato dagli animali selvatici, è particolarmente impervia e ricca di doline, le cavità carsiche. Le ricerche via terra non si erano mai spinte fino a qui anche perché i rovi e la fitta vegetazione impedivano l’accesso.

Nel ricostruire la dinamica dei fatti, la Procura, aveva ipotizzato che Iuschra fosse scivolata in una cavità profonda e fosse andata incontro al decesso per mancanza di cibo e acqua.

La vicenda aveva poi avuto anche un risvolto giudiziario nella condanna, per omicidio colposo, dell’operatrice addetta alla sorveglianza della bambina. La donna aveva poi patteggiato la pena a otto mesi di reclusione.

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