Il centro per i rimpatri di via Corelli non ha ancora riaperto che è già polemica

Il centro di via Corelli, nella periferia est di Milano, sta per riaprire e avrà la funzione originaria di centro per i rimpatri degli immigrati irregolari.

La struttura ha avuto una storia travagliata anche perché la detenzione delle persone in attesa di rimpatrio era molto lunga oltre a essere soggetta a restrizione giudicate troppo severe.
La struttura doveva ospitare in origine un centro di identificazione ed espulsione. Secondo la legge sull’immigrazione in vigore nel 1998 – la Del Turco-Napolitano – doveva sorgere un centro simile in ogni regione italiana.

Nel 2014 era stato riconvertito in centro di prima accoglienza per ospitare famiglie di profughi siriani e far fronte all’emergenza legata alla guerra in quel paese.
Due anni fa era tornato a essere un centro detentivo fino a quando non era stato chiuso nel mese di dicembre a causa di rivolte e incendi che avevano danneggiato non poco l’intero complesso.

Erano quindi iniziati i lavori di ristrutturazione che si sono conclusi nel marzo di quest’anno con la conseguente assegnazione dell’appalto per i servizi alle cooperative in gara.
L’emergenza coronavirus aveva poi bloccato ogni ulteriore attività.

L’assessore alla sicurezza Riccardo De Corato ha infine annunciato che i lavori sono ultimati. La struttura disporrà di 140 posti letto ma, al momento, ci sono solo le forze dell’ordine e i militari a presidiare la zona.

La struttura e la sua funzione, infatti, sono da sempre al centro delle polemiche. tanto che in zona sono già comparsi dei manifesti dove si associa il centro a un moderno lager.
La firma è della rete del movimento “Mai più lager-No Cpr” che ha anche annunciato un presidio davanti alla prefettura per il prossimo 2 ottobre.

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