Milano 25 aprile, la cronaca di 75 anni fa

E’ il 1945, il 25 aprile, e la guerra, la Seconda Guerra Mondiale, è ormai alla fine ma sparge ancora sangue e dolore in abbondanza. Il destino dei nazifascisti è segnato, ancora 5 giorni e Hitler stesso si suiciderà.
A Milano sono le 8 del mattino quando il Comitato di liberazione nazionale dell’alta Italia si riunisce presso i collegio dei Salesiani di via Copernico: viene approvata all’unanimità l’insurrezione generale. Negli stessi minuti viene occupato il commissariato di via Poma, senza che i poliziotti oppongano resistenza. La Guardia di Finanza in città si mobilita e si prepara a sostenere i partigiani. La città si svegliata da poco, ma forse non ha nemmeno dormito, ed è avvolta da una calma minacciosa. Come aveva annunciato Sandro Pertini in quelle ore: mettere i fascisti di fronte al dilemma, arrendersi o morire.

Se nel cuore della città piazza del Duomo si presenta deserta, nella cittadella industriale di Sesto San Giovanni partigiani ed operai si preparano a difendere le fabbriche dalla reazione tedesca. Gli scontri tra le formazioni Sap e Gap che operano in città e i gruppi di nazifascisti sono in corso: sparatorie agli angoli delle strade, barricate, cecchini. Alle 13 scatta anche lo sciopero generale. Vengono bloccate le auto che cercano di allontanarsi da Milano.

Alle 14 in via Tortona i fascisti fucilano due partigiani per intimorire gli operai in sciopero davanti alla fabbrica Cge. Informato, giunge sul posto lo stesso Pertini, che tiene un comizio. Intanto uomini delle SS e della XMas riescono a forzare un blocco partigiano a Crescenzago e ad allontanarsi da Milano. In città i tedeschi attaccano alcune fabbriche in mano agli insorti.

Alle 17 in piazza Fontana, con la mediazione del cardinale Schuster, Mussolini si incontra con i rappresentanti del Clnai, con lui c’è il maresciallo Graziani. Gli viene chiesta la resa incondizionata: anche i tedeschi stanno trattando con gli americani. A lui viene assicurata l’incolumità. Il Duce dichiara di voler tornare in prefettura per un ultimo confronto con i nazisti e si impegna a fare ritorno entro un’ora per concludere la trattativa. Non manterrà la parola data.

Tra le 17.30 e le 18.30 si intensificano le azioni dei partigiani che occupano le centrali elettriche, altre fabbriche, la stazione di Lambrate, le sedi dei quotidiani. Viene respinto un contrattacco tedesco alla sede Atm di viale Molise. Nella zona di Monte Velino si combatte per più di un’ora, dopo di che gli uomini della Wehrmacht abbandonano l’area.

Verso le 19 Mussolini lascia il palazzo della prefettura di corso Monforte, con lui diversi gerarchi. Si dirige verso Como, ufficialmente con meta finale la Valtellina dove dovrebbe organizzare l’ultima resistenza agli Alleati. In realtà vuole fuggire in Svizzera, dove ha già fatto arrivare il denaro che ha raccolto. E’ comunque seguito da una scorta di SS che devono evitare che espatri o che si consegni agli Alleati. Intanto gli scontri sono arrivati in centro, con combattimenti intorno a via Torino, in piazza San Sepolcro e via del Bollo.

Siamo verso sera e i partigiani si impossessano di diverse caserme e depositi di armi e munizioni, rinforzando la loro capacità di fuoco. Alle 21 una colonna di fascisti francesi della famigerata formazione di Joseph Darnand cerca di lasciare la città seguendo i repubblichini diretti in Valtellina, ma sbaglia strada e si ferma in viale Zara, non sapendo che direzione prendere. I partigiani delle formazioni garibaldine li raggiungono e intimano loro la resa. Quelli aprono il fuoco con le mitragliatrici pesanti e bloccando così la zona vicino alla Pirelli. Affluiscono rinforzi per i partigiani.

In tarda serata la lotta non cessa, anzi. A Ronchetto sul Naviglio avvengono duri combattimenti tra un gruppo della 113esima brigata Sap e un’autocolonna tedesca che cerca di entrare a Milano. Molti sono i caduti da entrambe le parti. I tedeschi non riescono a sfondare e ripiegano su Baggio. Verso mezzanotte lo scontro di viale Zara con i fascisti francesi non è ancora concluso. I partigiani improvvisano una locomotiva blindata, assemblata alla meglio negli stabilimenti di viale Sarca. Con quella, a coprire un gruppo di fucilieri che converge sui miliziani, hanno la meglio. I francesi si arrendono. Ormai sono i primi minuti del 26 aprile.

La guerra non è finita, né in Italia né nel mondo. Manca poco, ma ci saranno ancora giorni di combattimenti e di morti, di dolore e di sangue. Mussolini sarà fucilato 48 ore dopo. Fino a maggio si dovrà lottare per liberare tutto il nord Italia. Berlino si arrende il 2 maggio all’Armata Rossa. La conclusione definitiva arriva il 6 agosto con l’atomica americana che cade sul Giappone.

Di quel furore sempre più lontano nel tempo a noi resta una data, un simbolo. Perché ogni nazione ha bisogno di un simbolo che la fondi. E la Repubblica Italiana nasce dal 25 aprile, il giorno della Liberazione.

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