Addio ad Emanuele Severino, il filosofo che sapeva una cosa sola

E’ morto il 17 gennaio ma se ne è avuta notizia solo oggi. Il grande pensatore si è spento a Brescia, la città nella quale era nato il 26 febbraio 1929. E’ stato tra i più importanti filosofi italiani del ‘900 e si è dedicato in tutta la sua opera al problema del divenire e della morte, che nella sua riflessione era arrivato a negare, affermando invece che tutto ciò che sperimentiamo nella nostra esistenza è eterno, non cambia, dura per sempre. Per Severino il vero problema che affligge gli esseri umani è credere che esista il nulla, che le cose nel mondo prima non ci siano, poi esistano e infine scompaiano. Ma questo ragionamento, rifacendosi alla filosofia greca e in particolare a Parmenide, l’essere non può non essere, perché si tratterebbe di una contraddizione; e dunque ciò che è, è per sempre.

Da vero filosofo applicava il ragionamento, rifuggendo le rivelazioni che vanno oltre l’esistenza, come nella religione. Questa sua posizione gli procurò anche l’avversione della Chiesa e l’allontanamento dall’Università Cattolica, per cui andò ad insegnare a Venezia. E ragionando indicò quello che per lui era il vero errore degli uomini era ridurre l’esistenza ad una corsa verso la morte, non vedendo così che l’eterno, la gioia, la gloria di noi tutti è qui, nel presente, e vi sarà per sempre.

Per gli stessi motivi criticò anche la tecnica e l’adorazione che ne abbiamo, che riteneva solo un altro modo per nascondersi la verità, non diversamente dalla religione, anche se su un altro piano. La ricerca della verità restava per lui quella del presente, dell’eterno, dell’esistenza che non potrà mai scomparire e della quale siamo colmi in ogni istante. E questa verità era l’unica cosa che sapeva e che ha perseguito per una vita.

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