Lea Garofalo: la commemorazione del 24 novembre

Nel dodicesimo anniversario dell’assassinio di Lea Garofalo per mano della ‘ndrangheta il coordinamento milanese di Libera, insieme al Comune di Milano e al Presidio che porta il suo nome, promuove, per la giornata di domani 24 novembre, un momento di commemorazione.

Il programma della ricorrenza prevede quest’anno una fiaccolata che partirà dall’Arco della Pace alle 19:00 e si concluderà alle 19:50 in viale Montello, nel Giardino antistante alla casa dove Lea ha vissuto che è stato recuperato e intitolato alla sua memoria.
Qui interverranno Alessandra Cerreti, sostituto procuratore presso la DDA di Milano, l’assessore ai Servizi Civici Gaia Romani e i giovani del presidio di Libera e dell’associazione “Non una di meno”.

“Quella di Lea Garofalo – ha detto Romanini nel presentare il programma di domani – è una storia di coraggio e ribellione. Di una donna e di una madre che, per amore della libertà e di sua figlia Denise, sfidò la ‘ndrangheta e le regole di omertà che regolano quella cultura. E Milano, la città che Lea scelse fuggendo dalla Calabria, ha il dovere di ricordare chi è stata vittima due volte: della mafia e della violenza contro le donne”.

“A distanza di dodici anni – ha aggiunto – , la sua eredità continua a essere un monito per le istituzioni e un esempio per tante donne che trovano la forza di ribellarsi e liberarsi dall’oppressione mafiosa. Dodici anni dopo il suo sorriso è più vivo che mai, in quello di sua figlia Denise, a cui va il nostro affetto, e soprattutto nel nostro impegno contro ogni forma di crimine organizzato e a difesa della legalità”.

La storia di Lea Garofalo
Nel 2002 Lea decise di iniziare a collaborare con lo Stato e di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco. Per questo suo gesto coraggioso, fu inserita nel programma di protezione che però si interruppe per due volte.
In un caso perché non ritenuta più una testimone attendibile e in un altro per la stessa volontà di Lea.
In questo lasso di tempo si era trasferita a Campobasso con la figlia e qui era riuscita a sfuggire a un tentativo di rapimento da parte dell’ex compagno.

Nel 2009, quando Lea aveva ormai rinunciato al programma di protezione, accettò di rivedere di nuovo Cosco per parlare dell’avvenire della figlia Denise. Decisero di vedersi nell’appartamento milanese dove Lea nel frattempo era tornata a vivere. Ma ad attenderla, oltre all’ex marito c’era anche un uomo del clan che la uccise. Era il 24 novembre.
Il corpo di Lea fu poi trasportato nel quartiere San Fruttuoso di Monza e dato alle fiamme.

Le indagini sulla sua scomparsa furono avviate in fretta e già nel 2010 buona parte degli uomini del clan Cosco finì agli arresti. Al processo prese parte anche Denise che, nel frattempo, aveva deciso di testimoniare contro il padre.
Le indicazioni per il ritrovamento di ciò che rimane di Lea, ormai ridotta a poche centinaia di ossa, arrivarono solo nel 2012.
L’anno successivo si celebrarono i funerali per i quali quanto rimaneva del corpo di Lea fu trasportato dall’allora sindaco Giuliano Pisapia in una piccola cassetta,

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