Alfabeto della Vita Digitale: G come Googlization

Google è la più grande azienda di Internet e una delle più grandi in assoluto al mondo. E’ il motore di ricerca per eccellenza, il più diffuso ed utilizzato, se non ormai quasi l’unico. Inoltre, Google offre una serie di servizi integrati che coprono ogni aspetto delle esigenze e della vita digitale:

  • casella di posta GMAIL
  • navigatore MAPS
  • spazio di archiviazione DRIVE
  • statistiche dei propri siti ANALYTICS
  • sistema operativo mobile ANDROID
  • spazio per blog personali BLOGGER
  • browser di navigazione CHROME
  • messaggistica istantanea di HANGOUTS
  • la più grande piattaforma di video del mondo YOUTUBE
  • un potente traduttore universale come TRANSLATE

E questi sono solo i servizi più conosciuti, ma se ne possono trovare molti altri. Google ce li fornisce tutti gratuitamente, anche se è meglio dire che li rende disponibili, senza pagare un abbonamento. Il denaro necessario, moltissimo (vedi la nostra scheda sull’azienda Google), arriva dagli inserzionisti pubblicitari, che comprano spazi sulle pagine dei tanti servizi di Google.

Questo è un primo punto importante della cosiddetta Googlelization della vita, almeno dal nostro punto di vista, e riguarda la dimensione economica. Infatti i servizi senza abbonamento e sostenuti dalla vendita pubblicitaria, sono diventati un modello seguito da tutti i colossi del Web e un’abitudine per gli utenti, corteggiati e sedotti da questa politica economica tanto da divenire restii a prendere in considerazione qualsiasi servizio per le attività digitali che richieda il pagamento diretto di una quota. A prima vista ci si potrebbe domandare perché scegliere di pagare quando si possono avere le stesse cose gratuitamente. Riflettendo si può invece comprendere che, in linea generale, i servizi che paghiamo ci permettono di scegliere esattamente ciò che vogliamo e ciò che ci serve, mentre con quelli gratuiti funziona al contrario, è la piattaforma che ci indirizza e ci suggerisce cosa scegliere e cosa fare.

Il Googleplex di Mountain View.

Se questo concetto non si applica tanto a servizi come le caselle di posta o il navigatore, certo è valido ad esempio per la lettura delle notizie: Google News sceglie e ci propone una copertura giornalistica in base a parametri come la nostra navigazione precedente, le inserzioni a pagamento degli organi di informazione e i trend generali di lettura. E’chiaro che basandosi su questi dati è più difficile la scoperta di “voci” che nell’informazione siano originali ed indipendenti, dato che sono numeri e formule matematiche a decidere per noi. Pagare invece uno o più giornali o riviste online che scegliamo per la loro indipendenza, qualità, autorevolezza, o cercare autonomamente altre fonti magari non a pagamento ma poco ‘visibili’ per i grandi numeri, ci permette invece di sviluppare un punto di vista autonomo e non legato all’andamento del momento.

Inoltre, la crescita esponenziale di un colosso come Google, che offre gratuitamente e guadagna enormemente con una raccolta di pubblicità accentrata, ha progressivamente annullato la possibilità di nascita e crescita di concorrenti che potessero porsi come alternativa al gigante di Mountain View. E l’alternativa è sempre una buona cosa.

Un altro aspetto rilevante della Googlization riguarda la gestione dei dati. Usare tutti i suoi servizi vuol dire un’estrema comodità ma anche consegnare tutta la propria vita ad un’unica azienda. Il destino di Google diventa così il destino di ogni suo utente. E qualche dubbio può sorgere anche relativamente alla privacy. Google assicura, come tutti gli altri gruppi che operano su Internet, di mantenere al sicuro i nostri dati e di non cederli a terzi senza il nostro permesso, tanto meno ad enti governativi o di polizia.

Ma stando ai problemi sulla privacy sollevati da un attivista come Edward Snowden, che svelò al mondo lo scandalo della NSA, l’agenzia governativa americana che spia tutto il mondo, o da uno studioso del web come Evgenj Morozov circa l’americanizzazione di Internet, la certezza di avere i propri dati protetti in quell’enorme cloud che è Google non c’è.

Edward Snowden.

Si tratta in parte di un problema insolubile, che supera le stesse dimensioni e intenzioni di Google. Ma in parte possiamo anche essere più accorti e non regalare tutte le sfumature della nostra vita allo stesso gruppo. Un comportamento più democratico e anche più ecologico, sarebbe quello di usare strumenti equivalenti ma alternativi, di pari efficenza ma posseduti e gestiti da altri che non siano la più grande azienda del mondo. Diversificare è il segreto stesso della vita sulla Terra. Ecco allora che possiamo vedere un elenco, a titolo esplicativo, delle alternative ai servizi Google.

Per le caselle di posta c’è l’imbarazzo della scelta, vengono fornite da quasi tutte le realtà che operano su Internet. Certo Gmail funziona molto bene, ma non è l’unica. Famosa per la sua sicurezza è ad esempio Prontomail.

Tra le mappe per la navigazione spicca Osmand, sviluppata con il contributo degli utenti.

Per quanto riguarda il browser, al posto di Chrome ci sono valide alternative, da Firefox, sempre un progetto di creazione dal basso, a DuckDuckGo, la cui caratteristica è la privacy, con strumenti che impediscono la tracciabilità della navigazione.

Per la memorizzazione di dati sul cloud, permettono la crittografia end to end, ovvero l’impossibilità di accedere anche ai proprietari della piattaforma, diverse opzioni, da Mega a Sync.

Vimeo o Dailymotion possono sostituire (anche se con minore quantità) i video che ci propone YouTube.

Lineage OS è poi una valida alternativa per Android, anche se la modifica di un sistema operativo su di uno smartphone richiede di essere utenti abbastanza esperti.

Questi sono solo alcuni esempi ma ci sono possibilità alternative per tutto ciò che Google propone. Google non è un nemico ma è pur sempre un’azienda che fa i propri interessi e quelli del paese nel quale risiede, gli Stati Uniti. E che possiede, se lo permettiamo loro, tutti gli aspetti della nostra vita. Essere consapevoli che, volendo, ci sono alternative più piccole e spesso affidabili, è importante.

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