La ferita di Milano: 49 anni fa la strage di piazza Fontana

Alle 16.37 del 12 dicembre 1969 si aprì una ferita nel cuore di Milano che ancora oggi, 49 anni dopo, non si è potuta realmente sanare. All’interno della sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana vi erano decine di persone che stavano ultimando le operazioni agli sportelli e che furono travolte da una violentissima deflagrazione, causando 17 morti e 88 feriti.

La bomba che scoppiò quel giorno a quell’ora travolse non solo le vittime, ma anche il futuro del nostro paese. Dopo quel massacro orrendo e destabilizzante infatti, la storia italiana si inabissò inevitabilmente verso la violenza politica e sociale, approdando di lì a poco alla lotta armata degli anni di piombo, vera e propria guerra civile non riconosciuta. Si frantumò da quel giorno la già ammaccata fiducia dei cittadini nello Stato, che assumeva sempre più la fisionomia da nemico, inaffidabile e minacciosa macchina, invece che rifugio comune.

Non ci si poteva più sentire sicuri perché lo Stato preposto a questo compito non era in grado di svolgerlo, non ne aveva le capacità quando addirittura non gli mancassero le intenzioni. Anzi si mutava in minaccia concreta e sanguinaria per mezzo del tradimento di parti devianti dei servizi segreti nazionali. Dalla confusione di quel pomeriggio alle settimane successive, i fatti furono caratterizzati da approssimazione, omissioni, doppi giochi, notizie false, depistaggi. Azioni investigative approssimative che portarono ad arresti sbagliati (Valpreda) a morti misteriose (Pinelli) a frettolose e sanguinose vendette (Calabresi). Volontà politiche incerte che miravano più a sfruttare l’atmosfera di paura che a scoprire la verità.

Si volle vedere subito nell’attentato un gesto degli anarchici, seppure le modalità erano molto lontane dai principi della lotta anarchica, che non colpisce la gente comune nel mucchio ma mira ad un bersaglio del potere, che non si nasconde ma anzi rivendica il proprio gesto. In tutti questi anni si sono succeduti moltissimi processi e con grande fatica si è arrivati a stabilire che l’attentato fu ideato e attuato negli ambienti eversivi dell’estrema destra in connessione con apparati statali e sovranazionali, senza che però nessuno dei colpevoli fosse assicurato alla giustizia per quanto era stato commesso a piazza Fontana. Dall’enorme ingiustizia di un reato così vile mai punito, reiterata nel corso di decenni di processi inconcludenti, è iniziato la progressiva sfiducia del popolo italiano nei confronti delle Istituzioni che ancora oggi non sembra potersi fermare.

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