Inter-Milan, non è un derby per vecchi

E’ cominciata ieri la settimana del derby. Un avvicinamento strano, pur non essendo una primizia: in questi anni è già capitato più volte di avere una stracittadina subito dopo una sosta per le nazionali. Sono assenti alcuni giocatori, che torneranno via via a disposizione degli allenatori, ma gli sfottò non conoscono sosta e quando la sfida cittadina sta per avvicinarsi cominciano a moltiplicarsi, processo che dopo la sfida di domenica potrebbe risultare interessante per una sola delle due fazioni (salvo pareggio).

Il rito del prendersi in giro è una delle eredità del passato rimaste intatte. Inter-Milan, o Milan-Inter che sia, sta però diventando una gara simbolo di un volto moderno del calcio. I volti della dirigenza sono quelli giovani, bandiere che la partita l’hanno vissuta in prima persona non più di qualche anno fa, alternati a forze fresche in ambito manageriale.

L’esempio è Steven Zhang, rampollo della famiglia che oggi ha in mano le quote di maggioranza della società nerazzurra e che entro il 26 ottobre punta ad appropriarsi del 100% della società, acquisendo il 31% circa oggi nelle mani di Thohir. Un’operazione da 200 milioni di euro, uno sforzo in più a dimostrazione del fatto che il colosso asiatico fa sul serio e che una volta libero dai dettami del settlement agreement potrà sfruttare una potenza di fuoco (pur entro i limiti del Fair Play Finanziario) ben superiore a quella vista finora.

Dalla parte nerazzurra si è scelto di trattenere, subito dopo la fine della carriera, un simbolo come Javier Zanetti. Oggi l’argentino è vice-presidente, si occupa di mettere il suo volto immacolato da scandali ed emblema di un calcio corretto, oltre che vincente, in settori come Inter Forever, le varie Academy in giro per il mondo nonché negli appuntamenti in ambito internazionale. Una tantum, mette anche lo zampino in qualche buona operazione come quella di Lautaro Martinez, orchestrata da Ausilio ma nella quale fondamentali sono stati i contatti tra lo stesso Zanetti e Diego Milito, oggi direttore sportivo del Racing.

Al Milan ci hanno messo un po’, a mettere in piedi un’operazione simile. Per vedere Maldini in dirigenza i tifosi del Diavolo hanno dovuto aspettare nove anni, rispetto al giorno dell’ultima esibizione con gli scarpini ai piedi. Un’eternità, un tempo durante il quale più volte si è parlato di un coinvolgimento dell’ex capitano nel progetto dirigenziale. Anche per questo l’impresa di Leonardo, portare Maldini a Milanello, è degna di poter essere definita tale. Ha lasciato da parte la possibilità di condurre in solitaria la gestione sportiva per farsi affiancare da chi il Milan lo conosce benissimo e ha un credito presso la piazza dato da ripetuti successi sul rettangolo di gioco. La sua sola presenza a bordo campo durante gli allenamenti non può che essere una spinta positiva per i giocatori, parte dei quali non hanno una percezione totale di cosa significhi giocare in una squadra nella quale bisogna vincere ogni week-end e che prima possibile spera di poter giocare nei giorni giusti (martedì e mercoledì) anche durante la settimana.

Ancor di più potrà diventare il derby dei volti giovani se a giocarlo, come difficilmente sarà dall’inizio, saranno Patrick Cutrone e Lautaro Martinez. Condividono un destino comune: se giocano lo fanno bene, parte dei tifosi li vorrebbe già vedere in campo, ma logiche di formazione e di rosa oggi li costringono ad attendere una chance, magari a gara in corso. La stracittadina è la classica partita che può aprire le porte verso un impiego maggiore, convincendo Spalletti e Gattuso a trovare un assetto che contempli la presenza sul terreno di gioco dei due talenti offensivi.

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