Rappresentazione della città tra passato, presente e futuro

Sergei Tchoban (Leningrado, 9 ottobre 1962) è un architetto russo naturalizzato tedesco; solo qualche giorno fa gli è stato assegnato ad Atene l’European Prize for Architecture, il premio di architettura più importante del continente istituito dall’European Centre for Architecture and The Chicago Athenaeum.

Le sue opere più celebri sono The Federation Tower a Mosca, la Benois House a San Pietroburgo, il Jewish Cultural Center e la sinagoga Chabad Lubavitch e il NHow hotel a Berlino. Torna in Italia dopo dieci anni dalla sua prima sole exhibition, ospitata sempre dalla Galleria Antonia Jannone.

Il tema centrale è la rappresentazione della scena urbana attraverso una raccolta di disegni che delineano la poetica di Tchoban: la sua profusione pittorica narrativa e l’architettura costruita della città.

La mostra è a cura di Matteo Vercelloni che così presenta il percorso espositivo: “Qual è il futuro di una città densamente popolata? Come può un paesaggio urbano cambiare il modo in cui percepiamo l’architettura e il suo linguaggio artistico?”

La mostra Den-City Urban Landscape affronta il tema della rappresentazione della scena urbana e la sua densità unendo storia e contemporaneità, visioni architettoniche e scenari, per un possibile vicino futuro. I disegni di architettura, i ‘capricci’, le felici fantasie di Sergei Tchoban, raffigurano paesaggi urbani dove Piranesi si incontra con architetture sospese chiamate a sovrapporsi, per addizione stilistica e temporale, alle scene della città storica.

La sovrapposizione, il contrappunto, la stratificazione di linguaggi e volumi, caratterizzano la serie di visioni urbane rappresentate dalla selezione delle opere in mostra. È un atteggiamento, quello di Tchoban, consapevole del confronto con il passato costruito che ogni nuova architettura deve necessariamente prevedere.

Den-City rappresenta allora l’opera pittorica di un architetto costruttore, che trova in questa forma di espressione lo strumento per comunicarci l’oggettiva condizione in cui operare come architetti; costruire per layers sovrapposti piuttosto che sposare la strada della tabula rasa di stampo tardo modernista”.

Prosegue il curatore:

“L’addizione di architetture e il loro confronto, raffigurate nella serie di questi disegni di fantasia, trova poi riscontro e analogia nella città reale: i ‘ritratti’ di Macau e Shanghai, di Bangkok, Delhi e Tokyo, istantanee di paesaggi urbani del nostro presente trovano nella stratificazione di segni e architetture, insegne e immagini, la loro affinità tematica”.

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