Stramilano: Isotta Fraschini e Gilera

Siamo in movimento. Lungo i ricordi della grande industria ciclo-automobilistica che fu protagonista a Milano. Immaginatevi alla guida sulla cerchia dei Bastioni. Scorrono Porta Nuova e Porta Venezia. Poi su per Corso Venezia e svolta in via Senato. Parcheggiamo in via Marina e ci incamminiamo a piedi per via Senato, in direzione di Corso Venezia.

Uno dei nomi milanesi che ci riportano alla leggenda dei primi anni del ‘900, una leggenda di potenza e di bellezza, è un doppio nome: Isotta, Fraschini.

Le Isotta Fraschini le facevano negli stabilimenti di via Monterosa, qui a Milano. E’ il 1902 quando sono pronti i primi modelli. Queste auto in pochi anni diventarono sinonimo di sfarzo e velocità. All’angolo tra via Senato e corso Venezia si può vedere una targa che ricorda uno di quelli che l’Isotta Fraschini se l’era comprata quasi subito : Filippo Tommaso Marinetti, poeta provocatorio e iniziatore del futurismo.

Al numero 23 di Corso Venezia possiamo osservare la lapide che commemora la fondazione della rivista “Poesia” da parte di Marinetti:

Questa è la casa dove nel 1905 Filippo Tommaso Marinetti fondò la rivista “poesia”. Da qui il movimento futurista lanciò la sua sfida al chiaro di luna specchiato nel naviglio.

All’inizio del ‘900 le avanguardie artistiche cominciarono a sovvertire il modo di raffigurare l’uomo e il mondo. Il futurismo, una delle prime avanguardie a lanciare questa sfida, si sviluppa proprio a Milano. E Marinetti è come un motore inesauribile per questa corrente. Mette insieme parole, suoni, immagini, performance mescolandoli con gli aspetti emergenti della vita moderna: la velocità, il rumore, la metropoli, la tecnologia.
L’auto è tra questi simboli. Tutti i temi del futurismo, attraversati dalla voglia di aggredire il mondo per trascinarlo nel domani, sono esposti nel Manifesto Futurista. Temi e obiettivi che si chiariscono nella testa di Marinetti nel 1908, fatti emergere definitivamente dalla casualità di un incidente automobilistico.

Prendete questo uomo che più di tutti i suoi simili ha il mito della velocità, della sfida, della guerra. Come può guidare la sua Isotta Fraschini? In realtà da principiante quale è. L’istruttore di guida gli ha consigliato un autista perché lui ancora deve imparare. Ma uno così non sta certo ad ascoltare l’istruttore. “E poi – si dice – se ho imparato i rudimenti del cinese, potrò anche imparare a pilotare un’Isotta Fraschini”.
Va piano dunque, sta attento, ma comunque si ritrova in rotta di collisione con due ciclisti. Per evitarli finisce in un fosso. Lo ripescano che gronda fango ma non si è fatto niente. Anzi per lui questa uscita di strada, come racconterà egli stesso, è la nascita vera del futurismo. Esce da quel fosso e pronto a proporre una nuova visione del mondo.

La grande industria dei motori a Milano un secolo fa non inventava solo auto. Anche le due ruote piacevano. Poi le prime magari erano solo delle biciclette alle quali si aggiungeva un motorino, ma c’era passione e voglia di scoprire nuove soluzioni per farle andare meglio. E furono diverse le officine che ci lavoravano. Una delle prime è quella aperta in corso XXII Marzo nel 1909 da Giovanni Gilera, un lodigiano umile, tenace e capace, che vedeva lontano. Anche se nessuna targa è rimasta a ricordarlo, e se la via che porta il suo nome è lontana, a Segrate, questo è un luogo che chi ama le moto deve ricordare. Qui è iniziata una grande avventura che dura ancora oggi.

L’officina lavorava bene e già dopo poco si spostò dall’altra parte della strada, in locali più grandi, dove vede la luce la prima monocilindrica Gilera: quattro tempi, 317 centimetri cubici, semplice, robusta, straordinaria, «una moto di famiglia che vince le corse» come si diceva allora. Qualche anno e un nuovo spostamento, ad Arcore, per mettere in piedi un’industria vera, per produrre in serie. Il suo nome diventa nei cento anni successivi storia del motociclismo per i tanti modelli creati e per i 14 titoli mondiali vinti.

Ma l’industria milanese della moto non fu solo Gilera, anzi. Negli anni ’20 i marchi erano decine. Alcuni scomparvero in fretta mentre diversi altri scrissero storie commerciali e sportive importanti: Garelli, Motom, FB Mondial, Doniselli, DEMM.

 

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