Sentieri di Celluloide : Milano odia : la polizia non può sparare

Sentieri di Celluloide

– Milano nel cinema –

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“MILANO ODIA : LA POLIZIA NON PUO’ SPARARE”

MILANO ODIA - LA POLIZIA NON PUO' SPARARE

Iniziai quello che è stato il periodo più glorioso dal punto di vista della mia carriera, quello cioè del poliziesco o poliziottesco, come si dice in senso dispregiativo, esordendo con: “Milano odia: la polizia non può sparare” con Tomas Milian e musica di Ennio Morricone. Un film fatto di crudeltà, pieno di trovate violente… Lui uccideva 13 persone, e poi lui lo ha recitato quasi tutto sotto l’influsso della cocaina perché si doveva montare per questo personaggio. Mi ha detto: “Guarda Umberto io mi devo montare in qualche modo, mi devo aiutare perché è troppo violento, è troppo cinico, troppo esasperato”. Infatti il successo fu tale che io ho continuato e ho fatto: “Roma a mano armata” con lui e con Maurizio Merli come commissario ma devo dire che: “Milano odia: la polizia non può sparare” è il migliore che ho diretto del genere poliziesco.

(Umberto Lenzi)

Nel panorama dei nomi legati al poliziesco italiano degli anni ’70, quello di Umberto Lenzi, insieme a Fernando Di Leo, occupa una  posizione primaria, autore rappresentativo di un genere molto apprezzato dal pubblico, ma condannato al patibolo da giudizi negativi dei critici, che consideravano i suoi film qualunquisti, accusati di veicolare messaggi reazionari di fascismo, di apologia della violenza e della giustizia sommaria, espressi quasi sempre in tono dispregiativo. Mestierante di altissimo livello, attento osservatore dei gusti del pubblico, è stato capace di oscillare in generi diversi, dall’avventura, rileggendo la letteratura salgariana, alla spy story, per poi specializzarsi nel giallo all’italiana, inventando un sottogenere quello del giallo erotico che egli stesso definirà “Thriller dei quartieri alti”, firmando una trilogia dove abilmente intreccia erotismo, psicologia ed intrighi del mondo della nobiltà.

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Agli inizi degli anni settanta, nell’Italia devastata dai disordini degli anni di piombo, Lenzi trova il suo terreno più fertile, quello del poliziesco, portando sul grande schermo, nel 1974 : “Milano odia : la polizia non può sparare“, che si rivelerà come uno dei titoli più violenti del genere, in cui le immagini di crudeltà non lasciano spazio alla fantasia, con protagonista Tomas Milian (per la prima volta doppiato da Ferruccio Amendola),  che dà vita ad un personaggio condannato a vestire i panni di una spaventosa e repellente “Belva umana”, un lucido, cinico, spietato assassino psicopatico che rimane impresso nella memoria, da far passare in secondo piano il film stesso. Il sodalizio artistico tra Lenzi e Milian porterà i due a creare il personaggio di :”Er monnezza“, apparso per la prima volta nel 1976, in :”Il trucido e lo sbirro“.

tomas-milian-Er-Monnezza

Vengo dall’ Actors Studio: io non recito, non inganno il pubblico, mi identifico nei personaggi. Oggi come allora vivo come loro, sono loro… Per questo Tor Marciana è ancora il mio quartiere preferito, li ho imparato che i difetti dei romani possono diventare pregi, e viceversa, E questo vale anche per i delinquenti. Come in uno stornello.

(Tomas Milian)

MILANO_ODIA _3Giulio Sacchi è un delinquente sadico, vigliacco è sessualmente ambiguo, ambizioso con il desiderio  di diventare ricco e fare carriera nella malavita. Passa le giornate al bar con i suoi amici Carmine(Ray Lovelock) e Vittorio(Gino Santercole), affascinati dal suo carisma, o in casa della fidanzata Iole, alla quale chiede continuamente i soldi.

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Manda a monte una rapina in banca, non riuscendo a mantenere i nervi saldi, uccidendo a bruciapelo un vigile urbano che lo vuole multare per divieto di sosta. Con i suoi due amici decide di rapire Marilù, figlia del principale della fidanzata, per chiedere un riscatto di 500 milioni di lire.

Rubata l’auto di Iole il trio si reca da un commerciante d’armi, ma non avendo il denaro per acquistare tre mitra, lo uccidono insieme alla sua compagna, un ex prostituta. I tre seguono la macchina sulla quale Marilù e il suo fidanzato Gianni stanno viaggiando e li sorprendono nella loro intimità in un luogo appartato. Gianni cerca di reagire ma viene colpito a morte, mentre la ragazza riesce a fuggire raggiungendo una villa isolata dove, ancora sotto shock, chiede aiuto.

La banda irrompe a sorpresa nell’abitazione dando sfogo a una serie di sevizie e torture con efferata violenza che si concluderanno con l’uccisione dei ricchi borghesi e l’assassinio di una bambina che dormiva al piano di sopra.

Il commissario Grandi (Henry Silva), accorso su tutte le scene dei delitti, si rende conto di avere a che fare con un pericoloso criminale psicopatico, ricordando il suo volto intravisto tra la folla raccolta attorno al cadavere di un metronotte che aveva ucciso dopo essere stato scoperto a scassinare un distributore di sigarette. La follia omicida di Sacchi non si ferma davanti a niente e a nessuno, ucciderà anche la fidanzata dopo averle confessato che la strage della villa è stata opera sua.

Tornato al casolare dove Marilù è tenuta nascosta una volta incassato il riscatto anche la ragazza sarà vittima della sua pazzia, stessa sorte toccherà ai suoi soci, che aveva deciso fin da principio di eliminare.

Alcuni giorni dopo, seduto al tavolino di un bar a bere champagne, viene raggiunto dal commissario Grandi, deciso a fare una volta per tutti giustizia, non potendo incastrarlo giuridicamente. Grandi, pistola in pugno, sentenzia faccia a faccia: “Ti condanno a morte per rapimento, violenza e strage…”. Sacchi cercherà di fuggire urlando : “Commissario cosa fai… la Polizia non può sparare… la polizia non può sparare…”, colpito a morte morire su un cumulo di rifiuti.

Ispirandosi al Gangster Movie americano, Umberto Lenzi apre il suo film sulle note di una tagliente colonna sonora composta da Ennio morricone, con una Milano fotografata sullo Skyline del centro direzionale, posto a nord del centro cittadino, tra le due importanti stazioni ferroviarie Centrale e Porta Garibaldi, per poi seguire la Citroen DS nera con a bordo Giulio Sacchi e i suoi complici che arrivano all’agenzia della Banca Popolare di Milano, in via Tommaso Agudio, angolo Corso Sempione, dove viene ucciso il vigile urbano, dando il via ad un adrenalinico inseguimento per le vie della città, attraversando viale della Liberazione, via Melchiorre Gioia, per terminare in via Papa Giovanni II a San Giuliano Milanese, dove i banditi libereranno il bambino preso in ostaggio seminando le volanti della polizia.  La fidanzata di Sacchi abita in Piazzale Stazione Genova, e lavora negli uffici commerciali di via Alessio di Tocqueville. Il negozio di ferramenta, copertura di un commercio di armi è sito sull’ Alzaia Naviglio Grande. Il luogo dove Sacchi uccide un metronotte che lo sorprende a scassinare un distributore di sigarette si trova in via San Rafael delle Ande. La ragazza sequestrata dalla banda è tenuta nascosta In un vecchio casolare in Vicolo dei Lavandai, sulle sponde del Naviglio Grande. Il bar dove Sacchi si ritrova con i suoi soci, luogo della resa dei conti, tra lui e il commissario Grandi è posizionato all’inizio di via Palmanova.

Umberto Lenzi tornerà a girare a Milano nel 1975, realizzando un altro violento poliziesco: “L’uomo della strada fa giustizia“, interpretato da Henry Silva.

 

Ma questa è un’altra storia…

“A ben Arrivederci”

Joe Denti

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